“Non ascoltate, non vedete. Come possiamo lottare contro le diseguaglianze e il cambiamento climatico che le accelera ed accentua, se continuate a guardare i vostri cellulari? In quale realtà vivete?” Questa è stata la provocazione di un rappresentante della popolazione indigena della Groenlandia alla Conferenza del 5-6 luglio 2018 sulla Laudato Sì a tre anni dalla sua pubblicazione (vedi il sito).
La moltiplicazione dell’informazione, la manipolazione della comunicazione da parte degli interessi economici, ci assuefanno e depotenziano le nostre aspirazioni al cambiamento, ad una vita più piena e felice. In relazione con Dio, i fratelli e il creato.
Cresce l’indifferenza, si perde la comprensione di ciò che ha valore, si passa senza soluzione di continuità dai mondiali di calcio, alla chat con gli amici, alla catastrofe ambientale dell’ennesimo uragano, all’ultimo scandalo di corruzione politica, alla comparazione tra ristoranti e posti dove fare vacanza …. Mentre le grandi multinazionali ci “profilano” per tentarci con pubblicità personalizzate. Mentre il nostro pianeta sta andando verso il baratro. Mentre i popoli indigeni e le comunità locali povere lottano contro l’espropriazione delle loro risorse, la marginalizzazione, e per difendere la vita.
Il messaggio di Schellnhuber (direttore dell’Istituto Postdam per la ricerca sull’impatto climatico) alla Conferenza è stato chiarissimo, stiamo andando verso una catastrofe ambientale. Il nostro pianeta non ha una febbre passeggera ma è malato di cancro. E se non si corre ai ripari urgentemente, il cancro ucciderà la nostra vita su questo pianeta. E ci stiamo suicidando perché siamo sordi e cechi, non ascoltiamo e non vediamo veramente, col cuore e con la testa. Il cambiamento climatico sta peggiorando, lo scioglimento delle calotte antartica e artica accelera, i ghiacciai scompaiono, le alluvioni e le siccità si ripetono e si accentuano di anno in anno, in modo caotico. Ma non stiamo cambiando il nostro sistema economico abbastanza velocemente. Anzi, grandi e potenti interessi, come quello delle multinazionali che sfruttano le risorse fossili, cercano di rallentare la indispensabile transizione energetica.
Come hanno testimoniato i rappresentanti dei popoli indigeni alla Conferenza, dall’Amazzonia alle Isole del Pacifico, la povertà e la diseguaglianza sono sempre più connesse al cambiamento climatico causato da stili di vita insostenibili (quelli nostri, americani, e delle classi ricche dei paesi emergenti). In diversi modi.
L’impatto è diseguale, perché le vittime principali sono i poveri e vulnerabili, come i 26 milioni di uomini, donne e bambini all’anno costretti a sfollare per eventi atmosferici legati al cambiamento climatico. Mentre i ceti più ricchi hanno risorse e capacità per proteggersi e abitano luoghi sempre più protetti. Le diseguaglianze tra ceti crescono e si manifestano in diseguaglianze spaziali: i poveri abitano nelle periferie sempre più degradate ambientalmente e socialmente, i ricchi nei quartieri più sicuri e belli. Cresce l’apartheid sociale nelle nostre città. Famiglie povere e precarie, migranti e sfollati, sono le vittime più importanti delle disuguaglianze e del cambiamento climatico che le amplifica. Tutto è connesso, è quindi il sistema che va cambiato. Un sistema economico e finanziario collegato a un paradigma tecno-scientifico antropocentrico, profondamente ineguale.
Le cause del cambiamento climatico provengono da questo sistema diseguale: chi provoca più emissioni di gas serra sono i ceti più ricchi che con il loro stile di vita opulento e superconsumista richiedono l’estrazione e lo sfruttamento di sempre più risorse. Mentre le popolazioni povere vedono i loro territori sempre più spremuti e impoveriti, e vengono espropriate, escluse, scartate, coltivando l’illusione di poter un giorno accedere al luccicante consumo propagandato dalla pubblicità. La neocolonializzazione delle menti procede con la neocolonializzazione delle risorse naturali strategiche.
L’estrattivismo, ovvero le pratiche delle multinazionali e degli Stati di sfruttamento delle risorse a danno delle comunità locali, esclude e ammazza. Sì, ammazza, popoli indigeni, difensori della terra e dei diritti umani, esclude i piccoli contadini (vedi il fenomeno del landgrabbing commentato nel rapporto Focsiv), sfrutta i braccianti, senza benefici duraturi per le popolazioni locali.
La forbice della disuguaglianza dal cambiamento climatico cresce anche tra i paesi più ricchi e quelli più poveri. I primi hanno però un debito ecologico verso i paesi più poveri. I principali responsabili delle emissioni di gas serra e dello sfruttamento insostenibile delle risorse naturali sono le economie ricche, i cui impatti e costi ricadono sui paesi impoveriti. Per questo si parla anche di giustizia climatica: i paesi ricchi hanno un debito da pagare ai paesi impoveriti, ma non riconoscono questo debito e non stanno versando i loro contributi al fondo verde per il clima. Questo fondo, previsto già prima dell’Accordi di Parigi, dovrebbe assommare a 100 miliardi di dollari per investimenti di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico nei paesi impoveriti.
Cresce sempre di più infine la disuguaglianza inter-generazionale: per la prima volta nella storia dell’uomo, le nuove generazioni avranno un capitale naturale più povero di quello precedente. La scomparsa di biodiversità, l’estinzione di specie animali e vegetali, la generazione di terre ed acque morte, la diffusione e cumulazione di spazzatura, stanno rendendo questo pianeta sempre più inabitabile e brutto.
Le giovani generazioni se ne stanno rendendo sempre più conto, e qui sta una speranza fondamentale di cambiamento. Sì, i popoli indigeni, le comunità vulnerabili e precarie, le giovani generazioni, sono gli attori sociali a cui si rivolge Papa Francesco per un reale cambiamento.
Nel Suo messaggio è stato molto chiaro: “le grida dei poveri e della terra sono sempre più angoscianti … la conversione ecologica non è più differibile … si stanno lasciando macerie, deserti e spazzatura alle future generazioni.” La prossima Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, COP24 a Katowice in Polonia, che si terrà il prossimo Dicembre, è molto importante perché dopo l’Accordo di Parigi per il clima si è fatto poco. Gli impegni presi dagli Stati sono insufficienti, validi solo per fermare il riscaldamento ai 3° rispetto all’obiettivo dei 2° o meglio di 1,5° deciso a Parigi. Se gli Stati non mostrano volontà politica è necessario unire sempre di più società civile e religioni per un movimento globale per il clima e contro le disuguaglianze.
Ma non si tratta solo di mobilitare l’azione sociale, il Papa ci ricorda che è necessario “trasformare i cuori e la coscienza. Superarsi e rigenerarsi, scegliere il bene per un cambiamento radicale, perché l’ingiustizia non è invincibile”. Ascoltare la chiamata di Cristo, come quella che fece a San Francesco nella chiesa di San Damiano “Va e ripara la mia casa che come vedi è tutta in rovina”. E oggi la nostra casa comune in rovina è, drammaticamente, il nostro pianeta e la relazione con i nostri fratelli e con Dio.
Il messaggio per la campagna “chiudiamo la forbice” è quindi inequivocabile: unirsi al movimento globale e alle diverse iniziative di azione sociale contro il cambiamento climatico e le diseguaglianze, informare e sensibilizzare, educare al discernimento, rigenerare la nostra relazione quotidiana con Dio, i fratelli e il creato.
Tra i prossimi appuntamenti politici c’è la COP24, la Focsiv sarà impegnata nel sostenere il pellegrinaggio da Roma a Katowice. Lungo il quale i pellegrini incontreranno le comunità locali per rafforzare il movimento globale. Tutta la nostra campagna è chiamata a partecipare attivamente…. si cercano volontari per il pellegrinaggio, per il movimento globale per il clima. A breve vi daremo informazioni!