Presentato l’”Instrumentum laboris” dell’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica del Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre prossimi

Con la presentazione a Roma lunedì 17 giugno scorso dell’Istrumentum Laboris dell’Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica del Sinodo dei Vescovi che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre prossimi, i riflettori si sono accesi su questa importante assise fortemente sostenuta da papa Francesco sia per rispondere ad impellenti esigenze strutturali del mondo (il cambio climatico e le sue drammatiche conseguenze) ma soprattutto perché dalle comunità dell’Amazzonia possono arrivare importanti suggerimenti su come essere chiesa nel mondo di oggi. Il documento è diviso in tre parti di otto-nove  capitoli ciascuna. Si è arrivati al documento attraverso un significativo cammino che fa parte dello stesso concetto di sinodalità dal basso voluto da papa Francesco:  l’annuncio del Sinodo per l’Amazzonia risale al 15 ottobre 2017, il processo di ascolto delle “voci amazzoniche” è iniziato con la visita di papa Francesco a Puerto Maldonado in Perù nel gennaio del 2018. Poi è seguito il lavoro dell’ ampio sondaggio tra le comunità amazzoniche a cura della REPAM (la rete ecclesiale dell’Amazzonia), che ha portato alla pubblicazione, nel giugno 2018, del documento preparatorio per il Sinodo. Poi altri incontri fino alla pubblicazione di questo strumento di lavoro che apre la strada ai lavori del Sinodo. Il testo è strutturato in tre parti, che seguono le tre conversioni indicate da papa Francesco: la conversione pastorale (vedere) è contenuta nella prima parte, ascoltando la voce dell’Amazzonia, con le realtà dei territori e dei suoi popoli. La conversione ecologica (giudicare-agire) è contenuta nella seconda parte del documento, che raccoglie la problematica ecologica  e pastorale. La conversone alla sinodalità ecclesiale  (agire) è contenuta nella terza parte del documento e delinea il  come essere chiesa profetica in Amazzonia, con sfide e speranze.

 

La voce dell’Amazzonia

E’ la prima parte del documento e descrive il territorio dell’Amazzonia, la presenza determinante del bacino del Rio delle Amazzoni, definito “arteria del continente e del mondo che scorre come vene della flora e della fauna del territorio, come sorgente dei suoi popoli, delle sue culture  e delle sue espressioni spirituali”. Un Rio che getta ogni anno il 15% di acqua dolce totale del pianeta nell’Oceano Atlantico. Un territorio, quello amazzonico, che comprende 9 paesi,  7,8 milioni di kmq  dei quali 5,3 milioni di foreste, che rappresentano il 40% della superficie globale delle foreste tropicali e il 30% della superficie del nostro pianeta.  La sovrabbondanza naturale di acqua, calore e umidità fa si che gli ecosistemi dell’Amazzonia ospitino dal 10 al 15% della biodiversità terrestre ed immagazzinino tra i 150 e i 200 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno.  La vita in abbondanza (GV 10,10) in Amazzonia è proteggere questa ricchezza  e si concretizza in quello che le comunità  chiamano “il buon vivere”, ovvero il vivere in armonia con se stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo, perché esiste un’intercomunicazione tra tutto il cosmo, dove non esiste chi esclude né chi è escluso.

Ma l’amazzonia oggi è una bellezza ferita e deformata, un luogo di dolore e violenza. I rapporti delle chiese locali sono chiari: la foresta non è una risorsa da sfruttare, è un essere o più esseri con cui relazionarsi. Siamo feriti dalla distruzione della natura, dalla distruzione della foresta, della vita, dei nostri figli e delle generazioni future, dice il documento. La molteplice distruzione della vita umana e ambientale, le malattie, l’inquinamento dei fiumi e delle terre, l’abbattimento e l’incendio di alberi, la massiccia perdita della biodiversità, la scomparsa delle specie (più di un milione degli otto milioni di animali e piante a rischio) costituiscono una cruda realtà che chiama in causa tutti. La violenza, il caos e la corruzione dilagano, il territorio è diventato uno spazio di scontri e di sterminio di popoli, culture e generazioni. C’è chi è costretto a lasciare la propria terra, molte volte  cade nelle reti delle mafie, del narcotraffico e della tratta di esseri umani (soprattutto donne) del lavoro e della prostituzione minorile. 

Ecologia integrale. Il grido della terra e dei poveri

E’ la seconda parte del documento, composto da nove capitoli. Le grida amazzoniche  riflettono tre grandi cause di dolore: 1) la mancanza di riconoscimento, di demarcazione  e titolarità dei territori indigeni; 2) l’invasione dei grandi progetti chiamati di sviluppo ma che in realtà distruggono territori e popoli come impianti idroelettrici, l’estrazione mineraria legale e illegale, l’attività del “grilagem” con l’appropriazione indebita di terre. Molti di questi progetti distruttivi in nome del progresso sono sostenuti da governi locali, nazionali e stranieri: c) l’inquinamento dei fiumi, dell’aria, dei suoli, delle foreste e il deterioramento della qualità della vita, delle culture e delle spiritualità. Il passaggio all’ecologia integrale delineata da papa Francesco nella Laudato Si’ è forte nell’Istrumentum Laboris con  integrità dell’essere umano vista nella triangolazione vita territorio e cultura. La difesa dell’ecologia passa per l’uomo e per la  comunità in un rapporto speciale con il creatore. E’ questa la casa comune delineata da Papa Francesco. Da qui nasce la ferma condanna alle strutture di peccato utilizzate da  quanti vogliono distruggere la vita concepita integralmente. Questi ultimi sono guidati da un modello economico legato alla produzione, alla commercializzazione e al consumo, dove la massimizzazione del profitto è prioritaria rispetto alle necessità umane e ambientali. Da questa deriva dell’Amazzonia, devastata dagli interessi del mondo,  nascono altre problematiche delineate nella seconda parte, come le migrazioni, la corruzione, la violenza, la tratta degli esseri umani: si pensi che solo in Brasile dal 2003 al 2017  1119 indigeni sono stati uccisi nel tentativo di difendere la loro terra.

Chiesa profetica in Amazzonia: sfide e speranze

La terza parte dell’Istrumentum laboris parla della chiesa dal volto amazzonico. Che chiesa sarà quella che nasce ascoltando le sfide di un territorio devastato, che deve fare i conti con distanze infinite, con isolamenti problematici? Che chiesa chiedono le comunità dell’Amazzonia per celebrare il Dio della vita  e della speranza presente nelle situazioni di oggi? La realtà delle chiese locali, delinea la terza parte del documento,  ha bisogno: di una chiesa partecipativa, che si renda presente nella vita sociale, politica, economica culturale ed ecologica dei suoi abitanti; di una chiesa accogliente verso la diversità culturale, sociale ed ecologica per poter servire senza discriminazione persone o gruppi; di una chiesa creativa, che possa accompagnare assieme al suo popolo la costruzione di nuove risposte ai bisogni urgenti; di una chiesa armoniosa he promuova i valori della pace, della misericordia e della comunione.  Il volto della chiesa amazzonica deve rispondere alle sfide dell’inculturazione e dell’interculturalità. Le distanze geografiche e pastorali caratterizzano certamente la vita di questa chiesa, che deve passare da una pastorale della visita ad una pastorale della presenza, per riconfigurarsi  in tutte le sue espressioni: ministeri, liturgia, sacramenti, teologia e servizi sociali. Il documento ripropone l’esigenza, recuperando aspetti della chiesa primitiva, di nuovi ministeri per rispondere in maniera efficace ai bisogni dei popoli amazzonici, favorendo la profezia.  

Affermando che il celibato è un dono per la chiesa, il documento chiede che nelle zone più remote della regione si studi la possibilità di ordinazioni sacerdotali di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana. E poi il documento invita ad identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella chiesa amazzonica. Queste “voci amazzoniche”, chiude il documento,  “ci interpellano a dare una nuova risposta alle diverse situazioni e a cercare nuovi cammini che rendano possibile un kairós per la chiesa e per il mondo. Ci auguriamo che questo Sinodo sia espressione concreta della sinodalità di una chiesa in uscita, affinché la vita piena che Gesù è venuto a portare nel mondo possa raggiugere tutti, specialmente i poveri.”