[Disegno di copertina di Alessandro Sera, 4 anni , dal titolo “Zac – Zac – Zac. Guariamo naturalmente le ferite del nostro mondo, diventiamo uguali”, premiato all’esito del concorso della nostra Campagna]
Il 22 marzo ricorrerà il 28° World Water Day, la Giornata Mondiale dell’Acqua. L’ONU la istituì nel 1992 e nel 2015 inserì l’accesso all’acqua tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Per la precisione “Acqua pulita e servizi igienico sanitari” rappresentano l’obiettivo numero 6, il primo della serie che si riferisce esplicitamente a una risorsa naturale, non ancora disponibile per tutti.
Nella lista degli obiettivi da raggiungere, questo viene dopo la sconfitta di povertà e fame, dei diritti alla salute, all’istruzione e alla parità di genere. Non sfugge a nessuno però che l’acqua sia il bene primario per eccellenza, la fonte della vita, il primo bene, prodotto, sostegno che la società umana dovrebbe assicurare a ogni suo membro.
L’acqua invece è il primo e più importante dono della Terra che viene a mancare in seguito alle ingiustizie, alle speculazioni, ai crimini ambientali e ai cambiamenti climatici che imperversano nel nostro tempo. Le guerre impediscono l’accesso alle fonti e distruggono le infrastrutture idriche. Il riscaldamento globale diminuisce le riserve di acqua potabile dei poli e dei ghiacciai. Le siccità tolgono acqua alle coltivazioni e agli ecosistemi naturali. Le alluvioni portano batteri e inquinamento nelle riserve d’acqua potabile. Le speculazioni politico/affaristiche mettono un prezzo a quello che dovrebbe essere un diritto umano inalienabile.
L’Agenda 2030 impone di “conseguire l’accesso universale ed equo all’acqua potabile, sicura e alla portata di tutti” entro i prossimi dieci anni ma, secondo gli studi dell’ONU, i progressi che il mondo sta facendo in questo senso non basteranno per centrare l’obiettivo: andrebbero almeno raddoppiati. Al momento solo il 71% della popolazione mondiale è rifornito di acqua potabile da reti idriche “sicure”; un altro 19% può approvvigionarsi da reti “di base”; ma quasi 800 milioni di persone sul pianeta non hanno a disposizione alcuna infrastruttura per procurarsi acqua potabile.
Fin qui si è parlato di acqua da bere, ma gran parte dei problemi delle popolazioni più fragili del pianeta deriva dalle condizioni e dai servizi sanitari. Un aspetto che purtroppo non può apparire secondario neanche a noi, abitanti privilegiati dei “paesi sviluppati”, ora che dobbiamo affrontare una crisi sanitaria spaventosa il cui primo precetto è “lavarsi spesso e a fondo le mani”.
Anche in questo ambito l’obiettivo fissato nel 2015 è chiaro: “entro il 2030, raggiungere un adeguato ed equo accesso ai servizi igienico-sanitari e di igiene per tutti ed eliminare la defecazione all’aperto, con particolare attenzione ai bisogni delle donne e delle ragazze e di coloro che si trovano in situazioni vulnerabili”. Chiaramente queste precisazioni sono dettate dalla diffusione, in varie regioni del mondo, di colera, scabbia, malaria e malattie diarroiche; ma in una situazione di crescente pandemia del CoVid-19 l’importanza di “servizi igienico-sanitari e igiene per tutti” assume un carattere d’urgenza ancora più evidente.
In questo caso, purtroppo, i numeri ufficiali sono ancora più preoccupanti rispetto a quelli dell’acqua potabile. Soltanto il 45% della popolazione mondiale può disporre regolarmente di servizi igienico-sanitari adeguati; mentre 700 milioni di persone sono ancora costrette a defecare all’aperto. Tutto ciò ovviamente si ripercuote sulla salubrità delle acque superficiali e sotterranee.
Inoltre, come potranno affrontare la pandemia del coronavirus quei paesi per cui acqua corrente e sapone non sono disponibili nelle case? Secondo l’ONU ben 3 miliardi di persone vivono attualmente in queste condizioni: il 40% degli abitanti del pianeta. Bagni, lavandini e perfino l’acqua potabile mancano del tutto da un terzo delle scuole primarie del pianeta.
Purtroppo però, non si tratta soltanto di guerre da fermare e infrastrutture da costruire: un terzo dei paesi del mondo, soprattutto in nord Africa e Asia, hanno livelli medio-alti di emergenza per le riserve d’acqua, in gran parte dovuti al riscaldamento globale, ma anche all’inquinamento e all’eccessivo prelievo per l’industria e l’agricoltura. In queste nazioni vivono circa 2 miliardi di persone, e si prevede che almeno 700 milioni dovranno migrare da qui al 2030.
Ma per almeno un mese all’anno sono almeno 4 miliardi gli uomini, le donne e i bambini che soffrono per la scarsità d’acqua dei loro territori: ciò vuol dire che la metà dell’umanità conosce il dramma di non dare per scontato il poter bere e lavarsi quando ne ha bisogno. Metà dell’umanità sa fin troppo bene quale sia il bene più prezioso del pianeta, e l’emergenza più pressante dei nostri tempi.