Credo che i cristiani possano fare una vera rivoluzione. Una rivoluzione che non produce odio e violenza, che non si sviluppa per miracolo, per un gesto di magia, ma dallo sforzo sempre più grande di collaborazione fra le persone. Una rivoluzione che inizia con atti che a volte possono sembrare piccoli, ma sono semi di vita. Quando i cristiani decideranno di fare la rivoluzione, i morti di fame non ci saranno più. Non ci saranno più donne e uomini che muoiono abbandonati, non ci sarà più un carcerato senza la possibilità di rifarsi una vita onesta. La rivoluzione che ho nel cuore è quella del Padre nostro. Anni fa andai in crisi, bloccandomi proprio sulle prime due parole: Padre nostro. Mi sono detto che non potevo continuare a pregare senza sentirmi ipocrita, perché noi uomini e donne, in realtà, non siamo fratelli e sorelle fra di noi. Mi sono chiesto: come posso parlare di Dio, d’amore per il prossimo, di contemplazione se non do del mio a chi non ha niente? Da qui è iniziata la mia vera rivoluzione, il mio cambiamento.
Padre nostro è: mi converto e amo gli altri come vorrei essere amato io.
Padre nostro è: ascolto come vorrei essere ascoltato io.
Padre nostro è: non giudico come non vorrei essere giudicato io.
Padre nostro è: trasformarci in fratelli e sorelle capaci di aprire il cuore e di condividere i beni ricevuti dal Signore.
Non c’è bisogno di inventare alcuna ideologia.
C’è bisogno di mettere al primo posto Dio e l’altro.
Scopriremo così che l’uomo di oggi ha certamente fame di pane, ma soprattutto porta nel cuore una grande fame di Dio. Una fame che può essere saziata solo attraverso persone credibili che testimoniano la presenza di Dio nella loro vita in modo semplice. Questa è una chiamata più forte a prendere coscienza, ad alzarsi in piedi da risorti davanti a Dio, a diventare più innamorati di lui, più uomini e più donne, con una fede forte e adulta, responsabile. Per vivere diversamente. Noi non possiamo cambiare gli altri, ma noi stessi sì. Chi ci impedisce di fare del nostro lavoro un servizio, di mandare a quel paese il nostro carattere che vuole primeggiare? Ce lo impedisce l’io e la paura di non esistere. È quella che dobbiamo cacciare per fare spazio a Dio. Con Lui possiamo davvero cambiare il rapporto con noi stessi, con le persone, con i beni materiali; possiamo diventare capaci di obbedire anche se siamo indipendenti, possiamo diventare generosi anche se siamo egoisti, coraggiosi anche se insicuri … È di questo che ha bisogno la gente! È da qui che passa la credibilità della Chiesa. Qualcuno ha detto che il mondo è di chi lo ama di più. Ebbene, noi amiamo il mondo per il suo dolore, lo amiamo perdutamente e desideriamo che ogni gesto che facciamo serva per riportarlo a Dio, tutto suo di nuovo, com’era al principio. Lo amiamo senza gesti plateali, nel segreto delle nostre giornate dense, lo amiamo in ogni persona che bussa. Da tutta la storia Dio non smette di cercarci. Sussulta di gioia quando trova qualcuno che a sua volta lo sta cercando. Io mi sono fatto trovare e oggi e ogni giorno gli ripeto: “Sì, ci sto”. Facciamo che ogni giorno della nostra esistenza sia: “Sì, ci sto”.