L’economia di Francesco deve essere radicale e non può ridursi a piccole riforme. E’ questo uno dei tanti messaggi che i movimenti popolari hanno voluto consegnare all’incontro dei giovani. Nel Novembre del 2020 si è tenuto infatti l’incontro dei giovani per discutere dell’economia di Francesco. Partendo dalla dottrina sociale della Chiesa e dalle encicliche cosiddette “sociali”, facendo tappa con la Laudato Sì e con la Fratelli tutti, è necessario riflettere per passare a proposte concrete di cambiamento di un sistema economico e sociale che sostiene le disuguaglianze e che riproduce scarti umani.
Assieme ai giovani è indispensabile porre al centro la voce dei movimenti popolari che portano le croci delle disuguaglianze e delle esclusioni. Papa Francesco ha avviato da alcuni anni un dialogo speciale con questi movimenti. E forse si è dato poco risalto alle analisi e alle proposte che proprio questi movimenti hanno portato all’incontro sull’economia di Francesco.
Qui commentiamo alcune di queste proposte, invitando a leggere il documento dei movimenti popolari sull’economia di Francesco in: https://mediterranearescue.org/news/l-economia-di-francesco-documento-dei-movimenti-popolari/.
I movimenti ricordano come Francesco “chiami i più poveri ad essere protagonisti del proprio destino, invitandoli a guidare il processo di cambiamento di cui ha bisogno l’umanità intera”. Il cambiamento non può venire dall’alto o dagli esperti, ma deve incarnarsi nelle persone che più soffrono e che si organizzano per trasformare i meccanismi di sfruttamento della nostra casa comune. Il vero cambiamento deve partire dal basso, e non può essere scambiato con l’assistenzialismo.
Pr questo, i movimenti scrivono che occorre “costruire il potere popolare affinché lavoratori e poveri siano protagonisti del cambiamento di cui il mondo ha bisogno perché, come ha affermato Francesco, “nelle loro mani, nelle nostre mani, sta il futuro dell’umanità”. Il sistema, il paradigma economico e tecnologico che causa il degrado dell’umano e del pianeta, si fonda sul potere di alcuni gruppi sociali. Questo non può continuare. Un sistema alternativo, più umano e più coeso con la casa comune, ha bisogno di un cambiamento di potere, di un potere popolare.
I movimenti chiariscono bene la necessità storica di cambiare sistema: “crediamo che la crisi socio-ambientale non si possa superare nel quadro del sistema capitalista egemonico a livello mondiale.” Mentre purtroppo la spinta riformista si riduce molte volte in “ristretti margini dell’amministrazione dell’esistente. Piccole riforme, piccoli progetti, piccole utopie nell’orizzonte del possibile”. Anche il cambiamento degli stili di vita rischia di diventare un piccolo messaggio, una piccola cosa, individuale, quando invece il cambiamento del sistema richiede uno sforzo collettivo, una consapevolezza sociale diffusa, e di conseguenza una organizzazione condivisa capace di modificare lo stile di un modello socio economico insostenibile.
La proposta dei movimenti popolari è quella di “una visione che riteniamo essere in sintonia con la radicalità dei suoi insegnamenti e con la natura rivoluzionaria della fede cristiana.” Una visione che non è una illusione perché si fonda su esperienze e lotte concrete che tutti i giorni vengono portate avanti con fatica ma speranza, e che testimoniano la possibilità e il “bisogno della nostra gente di un buon vivere.” Nel documento si propongono quindi cinque grandi assi di cambiamento. Qui sintetizziamo alcuni degli oltre 50 punti che vengono indicati per una azione politica di trasformazione.
Il primo asse si fonda sulla promozione dell’ecologia integrale e sulla difesa dei beni comuni. Per questo occorre “pianificare, su scala internazionale, l’approvvigionamento e il consumo umano in funzione di ciò che effettivamente rientra nelle necessità fisiche, biologiche e spirituali, lungi dalla
commercializzazione dei bisogni umani, il tutto sulla base di un nuovo modello etico di vita, di benessere, capace di riadattare l’intero modello di estrazione e di ripristino delle risorse della natura”.
Molti movimenti popolari sono di carattere rurale. Molti poveri vivono nelle campagne. Campagne che sono oggetto di accaparramento di grandi poteri per sfruttare la terra, l’acqua, le foreste, i minerali nel sottosuolo. I contadini e i lavoratori rurali vengono espulsi ed esclusi. Tutto questo deve terminare. E’ necessario quindi “mettere in atto una Riforma Agraria Popolare, con l’obiettivo di garantire la distribuzione della terra a tutti coloro che la vogliono lavorare, imponendo un’estensione massima della proprietà agricola, privilegiando la produzione di alimenti salutari e adottando l’agroecologia come metodo principale di produzione in sostituzione del modello dell’agribusiness a base transgenica.” Per questo è indispensabile “rispettare le forme di organizzazione sociale e di produzione, i diritti sui territori e il diritto alla cultura e alle credenze dei popoli nativi, degli indigeni, dei quilombola, degli afro-discendenti, dei Rom e di altri.”
Il secondo asse è rivolto a far crescere una vera democrazia economica. E’ sotto gli occhi di tutti l’esplosione delle disuguaglianze tra i più ricchi e i poveri, che coinvolge sempre più lavoratori e piccoli imprenditori del ceto medio, tra donne e uomini, tra anziani e giovani. Le faglie sociali si sono allargate in questi ultimi 40 anni, perché un sistema ben preciso che le determina. E’ necessario allora difendere la vita di tutti e stabilire “un reddito minimo a livello internazionale, che garantisca l’alimentazione e il benessere di tutti gli esseri umani”.
E occorre cambiare le strutture di peccato che creano grandi concentrazioni di potere causa delle disuguaglianze. La finanza legata all’avidità e slegata dall’economia reale, dal lavoro e dai diritti umani, deve essere trasformata. I movimenti indicano l’esigenza di “regolamentare a livello pubblico, nazionale e internazionale, il mercato finanziario, che vada oltre le banche propriamente dette, commerciali e di investimento, affinché la società possa controllare i capitali finanziari e le loro risorse siano utilizzate per incentivare la produzione e non la speculazione.”
Un’altra struttura di peccato che mostra chiaramente la protezione della concentrazione di potere sono i paradisi fiscali. Per questo occorre “eliminare immediatamente i paradisi fiscali e altri meccanismi di evasione fiscale che consentono all’1% più ricco della popolazione di sottrarsi ai propri obblighi nei confronti dell’insieme della società.”
Il terzo asse ricorda il motto del dialogo di Papa Francesco con i movimenti popolari “terra, tetto e lavoro”. Molte sono le questioni affrontate. Tra queste sono importanti le proposte per promuovere e rafforzare la crescita di un sistema socio-economico alternativo, che già esiste, ma che non può espandersi perché annichilito dal sistema dominante. E’ quindi necessario “sviluppare politiche volte a promuovere e rafforzare l’economia popolare che comporta tutte le attività di manodopera estensiva, rurale e urbana, svolte sotto forma di autogestione da parte di individui, gruppi familiari, comunità o cooperative di lavoro”.
Ma soprattutto è fondamentale scardinare il privilegio delle grandi proprietà private e i continui processi di privatizzazione dei beni comuni, che, appunto, privano i poveri, e non solo loro, di risorse essenziali per la vita. Bisogna “promuovere forme alternative alla proprietà privata come la proprietà statale, la proprietà cooperativa o la proprietà comunitaria”. Proprietà quindi collettive che “oltre all’alloggio, possono garantire diversi tipi di approvvigionamento collettivo, trasporti, servizi igienico-sanitari, educativi, culturali e per il tempo libero, in conformità con la Riforma Agraria Popolare.”
Il quarto asse considera i temi dell’educazione, della salute, della comunicazione e della tecnologia. Tra i diversi punti, è interessante riprendere quelli che mirano a modificare la grande disuguaglianza tra paesi ricchi e paesi poveri. Per cui occorre “stimolare il trasferimento solidale di tecnologia e conoscenza tra le nazioni, consentendo di ridurre le disuguaglianze a livello internazionale. Dobbiamo superare la divisione internazionale e la specializzazione legate ai vantaggi comparati. L’industria, i servizi di alta intensità tecnologica e di alto valore aggiunto non devono essere patrimonio dei paesi sviluppati, mentre quelli sottosviluppati rimangono con economie agrarie a basso valore aggiunto, e soffrono indici persistenti di occupazione precaria e deficit strutturali nelle transazioni correnti.”
Altro punto essenziale riguarda la messa in discussione del paradigma tecnico scientifico, denunciato dalla Laudato Sì, che sta depauperando la casa comune. Per questo è necessario “promuovere un ampio dibattito sui principi di una matrice tecnologica al servizio della vita umana e della salvaguardia del pianeta. E sulla base di questo processo, sviluppare una Nuova Rivoluzione Industriale che permetta un’ampia partecipazione alla produzione e alla gestione dei lavoratori.”
Infine, il quinto asse affronta i problemi della sovranità, della mobilità umana e della pace. Anche in questo caso sono sviluppati diversi punti, tra questi si sottolineano quelli dedicati alla necessità di cambiare profondamente un’altra struttura di peccato che è a supporto della concentrazione di potere e dell’ampliamento conseguente delle disuguaglianze, si tratta dell’apparato tecno-economico militare. I movimenti chiedono che vengano eliminate “le basi militari straniere dai paesi in quanto servono come forma di predominio politico ed economico, e le azioni di invasione militare o forme di intervento nell’autonomia economica e politica di ogni Paese.”
A tal proposito è importante aggiungere che il 22 Gennaio è entrato in vigore il Trattato delle Nazioni Unite per la proibizione delle armi nucleari. Un trattato firmato da 86 Paesi e ratificato da 51 Paesi. L’Italia non ne fa parte. La Campagna chiudiamo la forbice è allora chiamata assieme a molte organizzazioni della società civile e organizzazioni religiose a chiedere al Governo e al Parlamento italiano di entrare in questo trattato e di chiederne l’attuazione. Al più presto.
In conclusione, il documento dei movimenti popolari consente di capire quali siano le questioni fondamentali che occorre affrontare per un profondo cambiamento del sistema. Questioni concrete che richiedono una scelta di campo chiara con i poveri.