In questo tempo la sofferenza mi ha visitato tante volte; tante volte mi ha impedito di parlare ma mi ha dato più chiarezza sulla mia vita. Ho conosciuto Gesù fin da bambino, stavo bene con Lui, era il mio Amico, era sempre con me e io con Lui. Ho sofferto quando ho capito com’era morto, mi sono ribellato per cosa ha dovuto patire, ho creduto nella sua resurrezione, ho imparato a così a cercare sua Madre, per consolarla del dolore patito e per gioire con lei della Resurrezione di Gesù. Ho creduto, parola per parola, al Vangelo e la certezza che Gesù è Dio, è il Figlio di Dio, non mi ha mai lasciato. Anche crescendo, diventando ragazzo, poi giovane in età di scelte, quella certezza mi ha sempre impedito di diventare polemico verso la fede, mi ha fatto capire il bene e il male e, con tutte le fatiche, mi ha spinto a scegliere il bene. Sentivo il Signore che mi diceva: tu sarai mio per sempre e ne ero felice.
Ho sempre sentito di voler comunicare agli altri la mia intima certezza, sentivo lo slancio di far conoscere a tutti Gesù, il centro della mia vita. Non avevo né arte né parte, non avevo alcuna preparazione, non avrei saputo come fare ma non mi sono tirato indietro e sono stati i miei coetanei di allora a cercarmi, volevano stare con me e condividere questa mia fede.
Così mi sono ritrovato in mille e mille incontri per portare le parole del Vangelo che mi erano entrate dentro. È stato il mio canto d’amore. Ora che sono passati un po’ di anni, quella certezza non mi lascia: Dio non è morto. Vive.
Avrebbe potuto imprigionare la sua morte nella tragedia, nella lamentazione, nella maledizione. Invece no. Con la resurrezione Dio mi ha regalato il suo volto. Lo ha regalato agli scartati, ai senza speranza. E ha dato a ognuno di noi la possibilità di suscitare negli altri infinite resurrezioni.
Noi possiamo trasformare l’affamato in un uomo pieno di dignità, consolare chi è stanco, accogliere un carcerato, visitare un ammalato, liberare un prigioniero. In fondo, Gesù è risorto perché viviamo nel mondo già da risorti. E la nostra resurrezione non è altro che l’amore. Perché se non amiamo, diventiamo noi gli affamati, i prigionieri, gli ammalati. Se non amiamo, saremo noi stranieri per tutta la vita. Se entriamo nella sua resurrezione, nel suo patto d’amore, porteremo a nostra volta l’amore nel mondo, quell’amore che commuove, quell’amore che commuove anche il cuore di Dio. Perché Dio non è morto. Vive. È per Lui il nostro sì, il nostro tempo, la nostra preghiera, il nostro respiro. È per lui la nostra speranza, una speranza che non si arrende e continua a bussare alla porta della disperazione per convertirla e cambiarla.