“Reimagine. Recreate. Restore” Questo il tema della 47esima Giornata Mondiale dell’Ambiente che il 5 giugno si è celebrata in tutto il mondo.
Le celebrazioni ufficiali della giornata, che per l’edizione 2021 si sono svolte in Pakistan, hanno aperto il Decennio delle Nazioni Unite sul ripristino dell’ecosistema, impegno globale per restituire, termine quanto mai azzeccato, miliardi di ettari sottratti all’equilibrio della natura, dalle foreste ai terreni agricoli, dalle montagne ai mari.
“Ripristinare gli Ecosistemi”, dunque, missione ardua se pensiamo non solo a quanto tempo si è perso, ma anche ai danni che in questo tempo sono stati apportati ad un ambiente che sempre più spesso è costretto a trovare nuovi equilibri.
Le attività umane con l’aumento costante delle emissioni di gas serra hanno già provocato un aumento delle temperature medie globali di 1°ed il rischio di sforare gli obiettivi fissati nel 2015 a Parigi grazie a Cop 21 (contenere il riscaldamento globale entro i 2° a fine secolo, facendo ogni sforzo possibile per non andare oltre 1,5°) è quanto mai attuale.
Le conseguenze sugli insediamenti umani sono già evidenti, aree sempre più grandi stanno diventando aride e inospitali, tanto che le stime parlano di 700 milioni di persone come potenziali migranti a causa del degrado del suolo e dei cambiamenti climatici entro il 2050.
L’impatto delle attività umane sull’ambiente, in particolare nell’ultimo secolo, è stata dirompente: i tre quarti degli ambienti terrestri e i due terzi dei quelli marini sono stati sensibilmente modificati, la metà delle terre abitabili nel tempo sono state convertite a scopo agricolo prevalentemente (il 77% pari a 40 milioni di kilometri quadrati) per il pascolo e l’allevamento.
Terra per cibo, eppure ancora oggi 690 milioni di persone soffrono la fame, l’8,9% della popolazione mondiale.
Terra per cibo, terra per denaro, inseguendo un profitto a vantaggio di pochi e comunque tale solo nel breve periodo visto che, volendo dare un valore economico alla perdita di terra e di biodiversità, i conti sono presto fatti.
Come riporta il sito ufficiale del world environment day, citando gli studi più significativi degli ultimi anni in questo campo, la metà del PIL mondiale dipende dalla natura e il degrado degli ecosistemi sta intaccando il benessere di almeno 3,2 miliardi di persone, il 40% della popolazione mondiale.
Non solo, il degrado del suolo potrebbe ridurre la produttività alimentare globale del 12%, facendo salire i prezzi del cibo fino al 30% entro i prossimi 20 anni.
Noi (l’uomo) il problema, noi la soluzione, o meglio parte della soluzione come ha sottolineato anche il il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
“Fortunatamente la Terra è resiliente, ma ha bisogno del nostro aiuto. Abbiamo ancora il tempo di correggere i danni che abbiamo fatto.”
Un concetto già espresso lo scorso 22 maggio scorso in occasione della giornata mondiale della biodiversità
“Tutti hanno una parte da svolgere. Le scelte di stile di vita sostenibili sono la chiave. E tutti devono poter esser in grado di compiere questa scelta. Ciò significa migliori politiche che promuovano il governo, le imprese e la responsabilità individuale.”
Anche il Santo Padre in un tweet ha battuto sullo stesso leit motiv “Abbiamo bisogno di un’ecologia umana integrale che trasformi i nostri stili di vita, la nostra relazione con le risorse della Terra; che coinvolga non solo le questioni ambientali ma l’uomo nella sua totalità, rispondendo al grido dei poveri“.
Il grido dei poveri. Un grido che si somma a quello della Terra.
Quello Terra/Poveri è un binomio ricorrente nella pastorale di Bergoglio che non perde occasione per ricordarci che tutto quanto viene sottratto alla Terra viene sottratto agli uomini in particolare alle popolazioni più fragili, creditrici di un enorme debito ecologico che i paesi più ricchi devono oggi sentirsi in dovere di saldare.
Ma, continuando a ragionare in termini economici, come si può sperperare capitale (naturale) si può anche investire. E quelli in ambiente sono investimenti molto pazienti, ma ad altissimo rendimento e bassissimo rischio.
Si stima che ogni dollaro investito nel ripristino degli ecosistemi ne generi fino a 30 di benefici economici. Da solo il ripristino agroforestale potrebbe aumentare in potenza la sicurezza alimentare per 1,3 miliardi di persone.
Ecco allora che ripristinare natura diventa il miglior investimento che l’umanità possa fare sul proprio futuro. Certo, è un investimento a lungo termine, i cui benefici non saranno per questa generazione, ma per le prossime, un vero patto intergenerazionale cui tutti oggi siamo chiamati a contribuire con consapevolezza e responsabilità.