Nell’annus horribilis 2020, funestato dalla pandemia e dalla crisi produttiva che ne è derivata, la ricchezza globale – incredibile a dirsi – è cresciuta. Ma purtroppo si è ulteriormente concentrata. Parola di Credit Suisse che per il ventesimo anno consecutivo pubblica il rapporto più autorevole sulla ricchezza delle famiglie, il Global Wealth Report 2021. Anno iniziato malissimo con il crollo di tutti gli indici borsisti nei mesi di febbraio e marzo: S&P perde il 34%, FTSE100 il 35%, il DAX il 39%, il Nikkei il 31% e anche il più resiliente indice di Shangai cala del 13%. Perdite di ricchezza per le famiglie del 4,4% e per ogni adulto del 4,7%, stimate in 17.500 miliardi di dollari. Ci si poteva attendere una crisi delle dimensioni di quella finanziaria del 2008, ma diversamente d’allora, i governi e le banche centrali hanno reagito senza commettere gli stessi errori. I primi hanno messo in campo interventi economici portentosi, iniettando liquidità nel sistema economico sia per ristoro delle perdite che a sostegno delle imprese. Le seconde hanno garantito tassi bassi, vicini allo zero. Così il valore delle azioni ha ripreso a crescere e il mercato immobiliare pure. L’iniezione di 28.700 miliardi di dollari nel corso dell’anno ha portato alla fine del 2020 ad una crescita della ricchezza di 418.300 miliardi di dollari, pari a +7,4% complessivi e a +6% per ogni adulto, arrivando al record di 79.952 dollari. La svalutazione del dollaro ha contribuito non poco a questo risultato, senza il quale Credit Suisse stima che la crescita della ricchezza sarebbe stata del 4.1%.
Dati impressionanti che, però, suggeriscono come la ricchezza e gli indicatori macroeconomici seguano ormai traiettorie diverse. Tanto è vero che il Rapporto segnala come proprio i paesi maggiormente colpiti dal COVID-19 e che hanno fronteggiato le sfide maggiori dal il punto di vista economico, siano quelli che hanno avuto le migliori performance per quanto riguarda l’incremento della ricchezza. La differenza è fatta, essenzialmente, dall’intervento delle istituzioni pubbliche, Stati e Banche centrali. Certo, il debito pubblico rispetto al PIL è destinato a crescere e forse l’inflazione a riprendere a cavalcare, ma sembrano essere problemi oggi più fronteggiabii proprio in virtù della tenuta complessiva del sistema economico.
Il Rapporto di Credit Suisse mette in rilievo come, dal 2000 ad oggi la crescita della ricchezza sia appena al di sotto della media, ma assolutamente comparabile con quella registrata in altri anni terribili, come il 2001, il 2009, il 2011 e il 2018. Nel 2000 la media della ricchezza detenuta dalle famiglie era di 31.378 dollari, mentre nel 2020 raggiunge la cifra record di 79.952.
Ma la crescita non è omogenea
Se però la crescita è forte e concentrata nel Nord America e in Europa, in interi continenti la figura è completamente diversa. Fa impressione la perdita di ricchezza in India, il subcontinente che si prepara al sorpasso della Cina in termini di abitanti: -4,4% nella ricchezza complessiva 2020 e -6,1% per ogni adulto. Contraddittoria però la composizione di questa ricchezza: mentre aumenta quella degli asset finanziari (+3,8%), decresce quella non finanziaria delle famiglie (-6,8%).
Il continente africano continua la sua corsa verso il baratro segnando un -2,1% nella ricchezza media per adulto che, comunque, si attesta ai 7.371 dollari quando nel Nord America questa raggiunge i 486.930 dollari.
Ma la peggiore performance la fa segnare l’America Latina dove la perdita di ricchezza nel 2020 per ogni adulto è dell’11,1% e una perdita globale di ricchezza del 17%.
Dove si concentra la ricchezza
Dunque, la ricchezza aumenta nel 2020 ma non ovunque. Il rapporto segnala una crescente concentrazione di ricchezza fra i diversi paesi e aree del pianeta.
Fra Nord America e Europa, dove vive il 17% della popolazione adulta mondiale, si concentra il 57% della ricchezza delle famiglie. In America Latina, invece, la quota della ricchezza è tre volte inferiore alla popolazione che dovrebbe sostenere; in India lo è cinque volte e in Africa dieci volte.
Nella classifica dei paesi per la ricchezza per adulto-capo famiglia in testa la Svizzera (673.960 dollari, con un incremento rispetto al 2019 di 70.730) seguita dagli Stati Uniti (505.420 dollari, +41.870 nel 2020 sul 2019); l’Italia al 19° posto con 239.240 dollari e un aumento di 20.390. La classifica degli stessi paesi basata sulla ricchezza media per adulto-capo famiglia, che favorisce i paesi con un livello più basso di diseguaglianza, vede in testa l’Australia, la Svizzera al 6° posto e l’Italia al 12°.
L’impatto su donne, minoranze e dei Millennials
Ma l’anno della pandemia ha avuto un impatto diverso fra i vari gruppi di popolazione, sostanzialmente per due motivi: la composizione del portafoglio e quella delle entrate. In genere sono state premiate le persone che hanno una maggiore quota di azioni nella propria ricchezza, quindi maschi di mezza età e, in generale, segmenti di popolazione più facoltosi. Inoltre sono premiati i proprietari di case, per la crescita dei valori immobiliari. E l’indice Knight Frank, che analizza i dati di 56 paesi, fa segnare anche nel primo quadrimestre del 2021 una crescita del 7,3% del valore delle case, proseguendo un trend iniziato nel 2014. Inoltre, per quanto riguarda le entrate, gli shock causati dalla perdita del lavoro o dai fermi produttivi durante il COVID-19, sono stati compensati o comunque ammortizzati dagli interventi dei governi in molti paesi sviluppati. In alcuni di questi gli aiuti sono stati tanto consistenti da aver prodotto una crescita complessiva delle entrate delle famiglie: in Germania dello 0,8% nel 2020 sul 2019, in Canada del 2,3%, negli Stati Uniti del 7,2%. Ma in aree del mondo in cui questi interventi pubblici sono mancati, Asia ed Africa soprattutto, ne hanno fatto le spese i gruppi più vulnerabili, donne, minoranze, giovani.
Un parametro utilizzato dal Rapporto di Credit Suisse per valutare l’impatto degli shock sul reddito delle famiglie è il dato sulla disoccupazione. Nel primo quadrimestre 2020 in alcuni paesi la disoccupazione era cresciuta significativamente rispetto al dato pre-pandemico: triplicata in India (24%), quadruplicata negli Stati Uniti (14,8%). In altri paesi questa crescita era stata particolarmente contenuta: dal 3,3% al 4,2% in Germania, dal 5,3% al 6% nella Cina urbana. Ma dall’aprile 2020 la disoccupazione è calata e nei 27 paesi dell’OECD a dicembre era il 6,5% rispetto al 5,3% dell’anno precedente.
L’impatto della crisi pandemica sulla ricchezza di donne, giovani e minoranze è stato articolato. Se, ad esempio fra il quarto trimestre 2019 e il secondo 2020 la disoccupazione femminile nei paesi OECD era cresciuta dal 5,6% al 9,3%, allargando la forbice con gli uomini, la cui disoccupazione era cresciuta meno (dal 5,3% all’8,5%), alla fine del quarto trimestre 2020 la disoccupazione femminile era scesa al 7,2% e quella maschile al 7%. Secondo il Rapporto svizzero ciò è dovuto ad una maggiore resilienza della forza lavoro femminile che ha saputo trovare nuova occupazione in settori meno soggetti al COVID-19 o comunque in espansione. Inoltre, nel settore della cura e della salute, secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) su 140 paesi, le donne costituiscono il 70% della forza lavoro, dove comunque l’occupazione ha resistito.
Indubbiamente, alcune minoranze hanno sofferto maggiormente le conseguenze del virus. Negli Stati Uniti, ad esempio, la popolazione Afro-americana è stata colpita 1,9 volte più di quella bianca, quella Ispanica 2,3 volte. Al contempo, fra febbraio e giugno 2020 il 7,5% dei lavoratori bianchi hanno perso il lavoro, ma fra quelli Afro-americani hanno perso il lavoro l’11,5% e il 12,3% fra gli Ispanici. Ma, ironicamente, la perdita percentuale di ricchezza di questi gruppi è stata meno pesante proprio perché più bassa era la quota di ricchezza detenuta: il 19,2% di quella dei bianchi per gli Ispanici e il 12,8% per gli Afro-americani.
Uno degli elementi che ha ammortizzato gli effetti sociali del COVID-19 è stato il “risparmio obbligato”, dovuto alla riduzione delle opportunità di consumo a seguito dei diversi lockdown. Nella sola Unione Europea il risparmio è salito dal 5,8% sui redditi nel 2019, al 12,57% nel 2020.
Ma dove è andata tutta la ricchezza?
La ricchezza è aumentata durante l’anno del Covid-19. D’accordo, ma chi se l’è presa? Il Rapporto di Credit Suisse attesta che la ricchezza ha continuato a concentrarsi sui già ultra-ricchi.
Il numero dei milionari è cresciuto di 5,2 milioni, raggiungendo la cifra record di 56 milioni. La piramide della ricchezza si fa sempre più diseguale: 2,9 miliardi di persone adulte con reddito inferiore ai 10.000 dollari l’anno (il 55% della popolazione attiva) detengono l’1,3% della ricchezza globale. Il segmento di reddito da 10.000 a 100.000 dollari è quello che ha avuto la maggiore crescita: nel 2000 erano 507 milioni di individui, oggi sono 1,7 miliardi costituendo il 32,8% della popolazione attiva e sono possessori del 13,7% della ricchezza. Il successivo segmento da 100.000 dollari a 1 milione si è anch’esso espanso da 208 milioni di individui a 583 nel ventennio 2000-2020 (11,1% della popolazione attiva): detiene il 39,1% della ricchezza mondiale. I “Paperoni” percettori di un reddito al di sopra del milione di dollari, 56 milioni di individui (1,1% della popolazione), detengono il 45,8% della ricchezza globale. Stiamo parlando, tanto per dare il senso delle dimensioni, di 191.600 miliardi di dollari, più che quadruplicati dal 2000 ad oggi.
Dove sono i Paperoni?
I 56 milioni di super-ricchi sono cresciuti di 5,2 milioni nel corso del 2020. Dati che testimoniano del distacco fra la crescita della ricchezza finanziaria e reale e l’impatto economico della pandemia.
Di questi nuovi 5,2 milioni di Paperoni, 1,7 sono negli Stati Uniti, seguiti dalla Germania (633mila) e l’Australia (392mila). I nuovi milionari italiani sono 187mila. I paesi che hanno perso milionari sono il Brasile (- 108mila), l’India (-66mila), la Russia (-44mila).
Ma il paese a maggiore densità di milionari è la Svizzera: il 14,9%. Nel 2000 erano il 3,6% i milionari nella Confederazione elvetica. In seconda posizione l’Australia con il 9,4% (erano lo 0,8% nel 2000). E “solo” terzi gli Stati Uniti con l’8,8% (il 3,8% nel 2000). L’Italia si colloca in bassa classifica con il 3% dei milionari (nel 2000 erano lo 0,9%).
All’interno di questa categoria di milionari non tutti sono uguali. Infatti gli ultra-milionari fra loro, quelli che hanno un patrimonio netto di oltre 50 milioni di dollari sono 215.030 individui e nel 2020 il loro numero è cresciuto del 24% (41.420 individui). Di questi 5.332 possiedono più di 500 milioni di dollari. Gli iper-ricchi si concentrano maggiormente in Nord America (114.380 pari al 53%), in Europa (38.110 cioè il 18%), nei paesi dell’Asia escluso Cina e India (28.130, pari al 13%).
Cresce la ricchezza, ma anche la disuguaglianza
Gli effetti economici negativi della pandemia sono stati, dunque, più rilevanti nella parte bassa della piramide della ricchezza. È cresciuta la disuguaglianza, perché il segmento più ricco della popolazione mondiale è stata meno impattata dalla crisi e, soprattutto, ne sono stati beneficiati per i bassi tassi d’interesse, nonché per l’aumento del valore delle azioni del loro portafoglio e dei beni immobili.
Il Rapporto di Credit Suisse analizza l’andamento della disuguaglianza in diversi paesi, utilizzando indici (fra cui il Gini). In tutti i paesi considerati l’indice di diseguaglianza è alto e in alcuni particolarmente alto. E l’andamento dal 2000 ad oggi è stato in continua crescita. Ma ciò che è significativo è che questo aumento di diseguaglianza non è tanto figlio dell’impatto economico diretto del COVID-19, quanto delle azioni messe in campo per mitigarne l’impatto e, più specificamente, i bassi tassi d’interesse. Di nuovo, la finanza determina sempre di più il livello crescente di diseguaglianza nel mondo, distraendo così risorse dal sostegno all’economia reale e ad un maggiore equilibrio, che soli possono garantire una crescita sostenibile e duratura.