Il rapporto con la Madonna ha attraversato tutta la mia vita. Da bambino mia mamma che amava la Madonna mi aveva insegnato a pregarla e io con naturalezza ho incominciato a masticare Ave Maria. Crescendo la Madonna ha sempre accompagnato la mia vita, quella della mia famiglia, dei miei amici. L’abbiamo coinvolta in tutte le sfide della nostra Fraternità, dall’attesa dell’Arsenale della Pace, all’inizio della trasformazione, dall’apertura ai drammi della fame, del sottosviluppo, delle guerre nel mondo, all’accoglienza dei primi profughi. All’inizio di ogni opera di misericordia è stata sempre la prima ad essere invocata, da quando è nato il Sermig a oggi.

Quando anni fa la vita della nostra Fraternità si è incrociata con quella di tanti giovani e ci siamo resi conto della povertà che c’è in tanti di loro è stato naturale affidarli a Maria, una ragazza come loro che ha mantenuto quella purezza di cui hanno sete anche se non lo sanno. Dal 4 novembre 2000 abbiamo iniziato a pregarla ogni giorno per i giovani – quelli che ci frequentano e quelli che non riusciamo a raggiungere – come Madre dei Giovani:

“Maria, è dai giovani che parte il futuro.

I giovani possono prendere il buono del passato e renderlo presente.

Nei giovani sono seminati la santità, l’intraprendenza, il coraggio.

Maria, Madre dei Giovani,

coprili con il tuo manto,

difendili, proteggili dal male,

affidali a tuo Figlio Gesù

e poi mandali a dare speranza al mondo”.

Dal 2010 la Madre dei Giovani ha anche un volto, quello di un’icona russa custodita nella chiesa dedicata ai giovani dentro l’Arsenale della Pace. È un’icona dipinta nell’ottocento seguendo la tradizione di san Giovanni Damasceno: è la Madonna dalle Tre Mani. Tre mani perché ragazzi e giovani hanno oggi un bisogno estremo di aiuto, hanno bisogno di conoscere il Volto della Misericordia. Ci siamo interrogati su come avvicinarli, come entrare in relazione con le loro fatiche: scendere a compromessi, ammorbidire la nostra proposta, rinunciare a dirgli Dio e le ragioni della nostra fede…

 

Una di quelle notti che non trovavo soluzioni ho chiesto al Signore che mi desse un segno per capire come aiutarli: “Signore tu puoi tutto, puoi anche scrivermi una lettera chiara, una lettera dal Cielo, che ci aiuti a capire in quale direzione andare nell’avvicinare i giovani”. Il mattino dopo viene nel mio ufficio Anna Maria della segreteria del Sermig con una lettera tra le mani: “Sto riordinando l’archivio. Nell’incarto di Madre Teresa ho trovato questa lettera che non ha data, non ha protocollo. Non la ricordo. Tu ne sai qualcosa?”. Leggo e mi commuovo:

 

“Caro Ernesto Olivero, (…) penso che dobbiamo prendere la Madonna con noi e insieme a Lei andare alla ricerca dei bambini, dei giovani, per portarli a casa. Pregherò molto per te e per quello che fai per Gesù. Il Signore ti benedica. M. Teresa di Calcutta”.

Non so spiegarmi perché non avessi mai letto quelle parole e non ricordavo quando la Madre mi avesse dato quella lettera. Forse nel nostro ultimo incontro a Roma, pochi mesi prima della sua morte. Non importa, per me era come arrivata direttamente dal Paradiso per rispondere ai miei dubbi.

È stata la conferma di continuare a dare priorità ai giovani, continuare ad annunciare Gesù, continuare a dire Dio con la testimonianza dei fatti e anche con le parole. E portarli al sicuro.

Una delle domande che mi fanno di frequente i giovani che partecipano alle settimane di formazione e di servizio dell’Arsenale della Pace, a me che sono sposato, padre e nonno, è “Cos’è la castità?”. Capisco che dietro questa domanda c’è il desiderio di capire un modo di vivere diverso rispetto a quello proposto dal mondo, uno stile di vita che lasci trasparire purezza e autenticità. È una curiosità che rivela la loro sete di relazioni pulite, di scelte di vita che comunichino qualcosa di quel Dio che non conoscono ma che in qualche modo non smette di affascinarli.

In questo momento la mente è affollata di volti, di nomi, di ragazzi con cui ho dialogato, di incontri profondi con ragazzi belli. Penso a Luca, 19 anni. Lo ricordo nitidamente in un campo estivo di trecento ragazzi all’Arsenale. I nostri sguardi si sono incrociati tra tanti e prima di tornare a casa, dopo una foto scattata con tutto il gruppo, Luca mi ha stretto forte. Pochi giorni dopo una telefonata dai suoi amici: “Un terribile incidente d’auto. Luca è morto”. Cerchiamo tra le foto di quella settimana il volto di Luca. Vedendolo ricordo il suo abbraccio e capisco il senso di quell’abbraccio. Ci stringiamo a lui, alla sua famiglia, al gruppo degli amici: Maria, Madre dei Giovani, coprilo con il tuo manto…

Pochi giorni dopo il funerale, i suoi genitori sono venuti a conoscerci; volevano vedere l’Arsenale della Pace che aveva conquistato il loro Luca. Hanno voluto condividere con noi il messaggio che Luca aveva lasciato su Facebook dopo il suo rientro da Torino: “Ho visto la grandezza nelle persone. Ho visto cosa vuol dire sentirsi realizzati. Ho visto che il mondo può cambiare ed essere cambiato”.

 

La storia dell’icona di Maria Madre dei Giovani: https://www.sermig.org/maria-madre-dei-giovani.html

 

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