Sono disponibili sulle piattaforme YouTube e Vimeo e sul sito www.missioitalia.it i materiali video e le relative schede di utilizzo per animare la 30° Giornata dei Missionari Martiri,  che quest’anno ha per slogan “Voce del Verbo” e che si celebrerà, come di consueto, tra pochi giorni il 24 marzo, anniversario del martirio di San Oscar Romero.
Quattro
video raccontano le vicende di missionari che, con la loro vita, hanno testimoniato di essere “Voce del Verbo”.
Si tratta di
Nadia De Munari, dell’Operazione Mato Grosso, uccisa in Perù il 24 aprile dello scorso anno; del gesuita indiano Stan Swamy, morto in carcere il 5 luglio scorso, dopo una vita spesa  a fianco delle minoranze indiane; p. Cosma Spessotto, il francescano ucciso il 14 giugno 1980 in El Salvador e beatificato a San Salvador il 22 gennaio scorso; Charles de Foucauld,  il “fratello universale”, che sarà canonizzato il prossimo 15 maggio, raccontato dalle piccole sorelle che ne seguono il carisma.  Oltre a queste figure, nei materiali video si trova la presentazione del tema, a cura di Giovanni Rocca, segretario di Missio Giovani, il martirologio proposto da Fides, con i 22 missionari uccisi nel 2021, e la video scheda del  progetto di ristrutturazione del centro parrocchiale nella missione di Mapourdit in Sud Sudan, proposto da Missio come impegno concreto in occasione di questa giornata. Tutto il materiale è riportato qui.


NADIA, CHE AMAVA I FIORI

 Nadia de Munari era in Perù da 25 anni, prima sulle Ande, gli ultimi 6 a Nuevo Chimbote, un deserto in riva al mare.  Nadia, originaria di Schio, nel vicentino, aveva scelto l’Operazione MatoGrosso (OMG) per dedicare la sua vita agli ultimi, ai giovani, seguendo i valori del vangelo nei modi indicati da p. Ugo De Censi, salesiano, fondatore dell’OMG . Nadia sulle Ande si occupava di bambini, di asili, formava insegnanti. Ma dalle Ande molti scendono lungo la costa del Pacifico, cercando fortuna e trovando spesso solo il deserto o altri  luoghi inospitali con pochissime possibilità. E così le condizioni di vita diventano disumane, la disperazione aumenta e con essa anche la violenza. Un sogno di p. De Censi era quello di dare qualche opportunità ai bambini di Nuevo Chimbote costruendo asili con una modalità particolare, ovvero chiedendo aiuto ai ragazzi che l’Operazione aveva aiutato sulle Ande e che si erano trasferiti lungo la costa. Come dire: hai ricevuto opportunità, puoi  a tua volta donare qualcosa. E così in poco tempo sono sorti 6 asili  nel nulla di un agglomerato  urbano cresciuto in pochi anni da 80 mila a 1 milione di abitanti. Occorreva chi gestisse  questa attività e p. Ugo chiese a Nadia. Lasciare le Ande per il deserto  della costa le costò non poco, però accettò. Anche Nadia era convinta che iniziando dai bambini si può cambiare la storia di intere generazioni, storia che a volte sembra già scritta. Era faticosa la vita di Nadia: dietro ai bambini c’erano storie drammatiche di famiglie disperate, poverissime, di madri sole, di uomini violenti.  La vita a Nuovo Chimbote vale poco: la notte tra il 20 e il 21 aprile 2021 un disperato riuscì ad entrare nella camera di Nadia, che stava dormendo. La massacrò solo per rubarle il cellulare da pochi euro. Soccorsa e trasportata all’ospedale, moriva tre giorni dopo. Il video, attraverso le testimonianze di amici e compagni di missione dell’Operazione Mato Grosso,  racconta chi era Nadia, la sua schiettezza, il suo bisogno di radicalità, la sua fede, il suo amore per gli altri, per i piccoli. Anche per i fiori.

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SPERO DI POTER AIUTARVI DAL CIELO” 

La figura di p. Cosma Spessotto

 P. Cosma Spessotto nasce a Mansuè, nel trevigiano nel 1923. Fin da giovanissimo si avvicina al mondo francescano che ruota attorno al santuario Madonna dei Miracoli di Motta di Livenza. Diventa sacerdote nel 1948 e subito chiede la possibilità di partire missionario. La Cina era la sua meta, come per tanti altri confratelli, ma le condizioni non sono favorevoli per gli stranieri in Cina, tantomeno per i  missionari che vengono espulsi. I superiori indirizzano la richiesta di p. Cosma verso il Centramerica. Così nel 1950  parte per El Salvador: prima a san Pedro Nonualco e poi a San Juan Nonualco, dove rimarrà parroco fino alla  morte. A San Juan p. Cosma  si dedica alla missione e allo sviluppo sociale: è vicino alla gente, anima la catechesi con i laici, costruisce la chiesa e la scuola elementare, favorisce la scolarizzazione delle ragazze, fino a quel tempo escluse dal sistema scolastico. Coltiva la terra, immettendo la vite tra le colture della zona. Ma negli anni ’70 El Salvador è scosso da una drammatica guerra civile. La destra, espressione delle classi abbienti, dei militari e dei latifondisti prende il potere e inizia la repressione contro chiunque fosse tacciato di essere rivoluzionario, guerrigliero, comunista. E’ il tempo della violenza e dei  morti,  anche la chiesa è divisa: c’è chi si schiera contro il governo, chi cerca di mediare. I francescani a San Juan Nonualtosi schierano dalla parte del vangelo e della sua giustizia. P. Cosma è libero da tutti: raccoglie i morti per strada e li seppellisce (attirandosi le ire dei militari), nega la chiesa alla guerriglia per i suoi proclami (attirandosi le ire dei guerriglieri), è davanti ai latifondisti assieme ai contadini per rivendicare migliori salari (attirandosi le ire dei potenti), va alla locale stazione dell’esercito a rivendicare i catechisti spariti. P. Cosma, in nome di un vangelo vissuto nella semplicità ma con radicalità, diventa scomodo. La goccia che fa traboccare il vaso è proprio quando si reca  alcommissariato a rivendicare l’ennesimo catechista arrestato. Lo vuole libero subito, vuole portarselo con se. Insiste. A quel punto il comandante gli dice: “Non siamo più responsabili della sua sicurezza”. E’ sua condanna a morte! I confratelli corrono da lui, vogliono portarlo al sicuro ma Cosma ferma tutti: è determinato a  restare dov’è, nella sua chiesa, facendo la vita di sempre. Ed è proprio in chiesa che il 14 giugno 1980 prima della messa delle 19 tre giovani degli squadroni della morte, al soldo dei militari e del governo, entrano  dalla porta laterale: lui era seduto con il breviario in mano e lo crivellano di colpi. P. Cosma li aspettava,  liaveva già perdonati e pregato per la loro conversione. Così c’è scritto nel testamento spirituale redatto qualche giorno prima. La chiesa lo ha  beatificato il 15 gennaio 2022 a San Salvador assieme a p. Rutilio Grande e i laici  Nelson Lemus e Manuel Solorzano.

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IL FRATELLO UNIVERSALE

La vita e la fede di Charles de Foucauld

 Charles de Foucauld nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858 in una facoltosa famiglia. Rimane presto orfano e viene educato dai nonni e da altri componenti della famiglia. Abbraccia la carrieramilitare e di esploratore: è brillante, sregolato, senza una meta nella vita nonostante sia presto un affermato esploratore, geografo, antropologo. Nel 1889 il colloquio con un prete a Parigi gli cambia la vita: inizia ad interrogarsi  sul senso della vita, sulla propria fede ed è deciso ad approfondire la religione cattolica. Va in Palestina -a Nazaret- e rimane affascinato dalla figura del Gesù storico, che passa gran parte della sua vita nel silenzio della quotidianità. Nel 1890 emette voti religiosi ed entra in una trappa in Francia. Poco dopo si trasferisce in Siria. Nel 1897 i trappisti lolasciano libero di seguire la sua vocazione. Nel 1901 a Vivier in Francia viene ordinato sacerdote. Sempre in quell’anno raggiunge il deserto dell’Algeria, prima  a Beni Abbes e poi Tamanrasset, dove vive il deserto, la compagnia dei tuareg, la contemplazione, la ricerca del “fratello universale”. Viene ucciso  il 1 dicembre 1916 durante un assalto dei predoni. «Imitazione di Gesù a Nazaret. Adorazione dell’Ostia santa esposta: santificazione silenziosa dei popoli infedeli, portando in mezzo ad essi Gesù».Così Charles de Foucauld, nel maggio 1906, riassumeva la propria vocazione, tesa a condividere la vita nascosta di Gesù a Nazaret. A lui si sono ispirati e si ispirano migliaia di uomini e donne in cerca di un modo radicale di incarnare il vangelo. Il piccolo fratello Charles de Foucauld verrà canonizzato il prossimo 15 maggio 2022 a Roma.

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UN CONTEMPLATIVO IN AZIONE

La vita spesa a fianco dei poveri del gesuita indiano p. Stan Swamy

 P. Stan Swamy era un gesuita indiano che ha speso la sua vita nella difesa dei diritti delle minoranze etniche che vivono in India. Per questo ha subito accuse di ogni tipo dalle autorità indiane, persino di terrorismo. È stato incarcerato a 84 anni -nonostante avesse il morbo di Parkinson in stato avanzato di malattia- nell’’ottobre 2020 ed è morto in carcere a Mumbai il 5 luglio 2021. P. Stan, dice p. Xavier Jeyaraj, gesuita, Segretario di Giustizia Sociale della Curia Generalizia   «è stato fonte di ispirazioni per molte persone. Lo definisco un contemplativo in azione, come Gesù che viveva tra i poveri, che scelte gli emarginati e le vittime del potere. P. Stan credeva nella chiesa che vive il bene comune e che sta con la gente, incarnata come la vuole papa Francesco»  P. Stan era un intellettuale che viveva come i poveri e con i poveri: nei suoi scritti rifletteva sulla fede che deve fare giustizia. «Lo chiamerei martire!», continua p. Xavier. «È stato ucciso da un sistema che, in nome del progresso, calpesta  con determinazione i diritti delle minoranze e  sistematicamente ha punito p. Stan per le sue azioni e le sue posizioni. Era indubbiamente una spina nel fianco per le autorità». Continua nel video p. Antonio Spadaro direttore de La Civiltà Cattolica: «p. Stan Swamy è una figura che mi ha molto colpito: l’ essere stato messo da parte, carcerato e perseguitato per la sua azione di giustizia, per difendere Cristo nei fratelli più poveri ha fatto rifulgere la sua testimonianza che è diventata molto problematica per le autorità. La testimonianza dei cristiani a volte mette in discussione il potere, se questo cerca di silenziare quanti rivendicano giustizia. La voce di Stan oggi urla ancora di più: ha dato la vita  per difendere i diseredati ed è un grande modello per ciascuno di noi, che deve ispirare anche l’azione sociale dei cristiani e deve farli interrogare sul ruolo della politica e il modo con cui la si vive, che deve essere un bene a servizio della gente». La chiesa, continua p. Spadaro, «non è fatta per se stessa, per guardarsi allo specchio,  ma esiste in funzione della missione. Una delle grandi svolte che ha realizzato il pontificato di papa Francesco è la svolta missionaria: andiamo per le strade delle città, dice Francesco, che vuole una chiesa che cammina per strada, accidentata, però meglio cadere a terra ogni tanto piuttosto che rimanere integri e non parlare a nessuno! E di questo oggi c’è bisogno: di una parola di vangelo e di salvezza».  

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