Come purtroppo ci dicono gli ultimi dati dell’Istat , nel 2021, sono in condizione di povertà assoluta poco più di 1,9 milioni di famiglie (7,5% del totale) e circa 5,6 milioni di individui. Dati che confermano i massimi storici toccati nel 2020, anno d’inizio della pandemia dovuta al Covid-19. Per la povertà relativa l’incidenza sale all’11,1% (da 10,1% del 2020) e le famiglie sotto la soglia sono circa 2,9 milioni (2,6 milioni nel 2020).
Gli stranieri in povertà assoluta nel 2021 sono oltre un milione e 600mila, con una incidenza pari al 32,4%, oltre quattro volte superiore a quella degli italiani (7,2%). Le famiglie in povertà assoluta sono nel 68,7% dei casi famiglie di soli italiani (quasi 1 milione e 350mila) e per il restante 31,3% famiglie con stranieri (oltre 614mila), pur rappresentando queste ultime solo il 9% del totale. Per le famiglie con almeno uno straniero l’incidenza di povertà assoluta è pari al 26,3% (25,3% nel 2020); è al 30,6% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri (in crescita rispetto al 26,7% del 2020) e al 5,7% per le famiglie di soli italiani (valore non significativamente diverso rispetto a quello del 2020).
A livello territoriale, l’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno, con quote di famiglie di soli stranieri in povertà oltre quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 37,6% e 8,8%). Rispetto al 2020, segnali di peggioramento si registrano per le famiglie di soli stranieri a livello nazionale (si arriva al 30,6% da 26,7%), mentre segnali di miglioramento si registrano per le famiglie miste in tutta Italia (l’incidenza scende dal 22,2% al 17,0% nel 2021) e per le famiglie di soli italiani del Nord (dal 5,4% al 4,3%).
Le famiglie con almeno uno straniero in cui sono presenti minori mostrano un’incidenza di povertà pari al 30,7% (325mila famiglie), ma il sottoinsieme delle famiglie di soli stranieri con minori presenta una crescita maggiore dei segnali di disagio (36,2% dal 28,6% del 2020), che è oltre quattro volte superiore a quello delle famiglie di soli italiani con minori (8,3%). Nel Mezzogiorno e nel Nord l’incidenza supera il 30,0% nelle famiglie con stranieri dove sono presenti minori, (rispettivamente 37,1% e 30,5%, contro il12,9% e il 5,7% delle famiglie di soli italiani con minori).
In aumento nel 2021 anche l’incidenza della povertà relativa, pari al 9,2% per le famiglie di soli italiani (dall’8,6%), ma è tre volte più grande e in forte crescita per le famiglie con almeno uno straniero (30,4% da 26,5%; 32,2% per quelle di soli stranieri che mostravano un valore di 25,7% nel 2020). I valori più bassi si registrano per le famiglie di soli italiani nel Nord (4,0%), i più alti per quelle con stranieri nel Mezzogiorno (45,8%, se di soli stranieri 47,6%).
Questi dati segnalano il peggioramento della condizione sociale in Italia, che si concentra soprattutto sugli stranieri e i minori. Vi è quindi il bisogno non solo di spendere, bene, le risorse previste per l’inclusione sociale nel piano di ripresa e resilienza, ma di avere una visione che vada oltre il 2026 (anno di conclusione del piano). Perché le cause di questa disuguaglianza sono strutturali e di lungo periodo, come la frammentazione del mercato del lavoro, il declino industriale, della ricerca e dell’istruzione, la cultura patriarcale e xenofoba.
A questo proposito risulta indispensabile la Strategia per lo sviluppo sostenibile che proprio in questi giorni il governo (in amministrazione ordinaria) dovrebbe adottare. La Strategia fa riferimento all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, ai suoi 17 obiettivi, e dovrebbe stabilire una visione completa e coerente per ridurre le disuguaglianze e affrontare il cambiamento climatico. Su questo tema presentiamo di seguito la riflessione che GCAP Italia (la coalizione globale contro la povertà) ha portato all’attenzione delle istituzioni e dei media attraverso un “rapporto ombra” qui scaricabile: RAFFORZARE LA STRATEGIA DI SVILUPPO SOSTENIBILE, SI DEVE, SI PUÒ – GCAP ITALIA.
In questi ultimi anni il governo italiano si è impegnato in un importante processo di partecipazione (con la creazione del Forum per lo sviluppo sostenibile) e per la coerenza delle politiche, che deve essere rafforzato per migliorare la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, in modo che quest’ultima diventi davvero un quadro di riferimento per tutte le politiche e i piani settoriali. Questo è essenziale per affrontare i passi indietro che sono stati fatti a livello globale e in Italia rispetto all’Agenda 2030. Se andremo avanti così, infatti, non raggiungeremo gli obiettivi fissati nel 2015 e in particolare quelli sulla lotta alla povertà e alle disuguaglianze, sul cambiamento climatico e la biodiversità (vedi recente messaggio di Papa Francesco: Papa Francesco: “agire tutti per conversione ecologica, stiamo raggiungendo un punto di rottura” | AgenSIR).
L’urgenza climatica e sociale, il declino economico, il coinvolgimento nelle guerre, richiedono scelte politiche coraggiose e realmente trasformative. Il rapporto ombra di GCAP ne evidenzia alcune. Tutte si basano sulla stessa consapevolezza: l’Italia deve affrontare un percorso di riconversione del complesso industriale-fossile-militare-patriarcale.
Abbiamo urgentemente bisogno di un nuovo modello di società più sostenibile che, secondo i principi dell’Agenda 2030, si basi sui diritti umani, sull’uguaglianza di genere e sui diritti della natura, sia più equo, più giusto, più sano e custode delle persone e del pianeta. Il modello attuale è invece pieno di contraddizioni, squilibri e ingiustizie che portano a nuove forme di povertà.
Il percorso trasformativo è complesso per molte ragioni. Una di queste è che deve essere affrontato insieme e contemporaneamente a livello locale, nazionale e internazionale. Non viviamo isolati. Le scelte nazionali sono legate a quelle dell’Europa e della comunità internazionale, sono legate alla finanza e all’economia mondiale, alle relazioni sociali e culturali transnazionali. Per questo le relazioni inter-nazionali devono toccare tutte le dimensioni (quella economica, sociale, ambientale, e politica), e basarsi su un vero e proprio multilateralismo, contrastando le forze concorrenti e conflittuali dei blocchi geopolitici. La povertà in Italia ha anche cause esterne: si veda ad esempio l’impatto del costo energetico a causa della guerra sulle bollette delle famiglie più povere. Prevenire le guerre significa ridurre la povertà. Così come ridurre le disuguaglianze e rafforzare le democrazie significa prevenire le guerre.
Fondamentale per tutto questo è coltivare una cultura di pace basata sulla giustizia sociale e climatica, sull’educazione alla cittadinanza globale, per costruire una migliore coerenza politica sui principi dell’Agenda 2030 e trasformare l’attuale modello di sviluppo insostenibile. Affinché questo percorso sia seguito, avanziamo alcuni elementi chiave sui quali sarà importante vedere progressi nei prossimi mesi:
Il piano per la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile (che fa parte della Strategia) dovrebbe essere approvato al più presto e reso operativo: gli strumenti e le istanze di dialogo istituzionalizzato descritte in esso dovrebbero essere definite e testate, in un processo che includa il punto di vista della società civile.
È stato attivato un processo di partecipazione alla Strategia ed è importante rafforzarlo. Tuttavia, esso ha senso quando la società civile può effettivamente influenzare le decisioni politiche (altrimenti è solo un esercizio formale fine a sé stesso). La partecipazione non è mai un compito compiuto. Si dovrebbe fare uno sforzo costante per includere le voci non mediate della base, costruendo spazi e opportunità in modo che “nessuna voce sia lasciata indietro”.
Un caso specifico e prioritario è quello del piano nazionale per la ripresa e la resilienza, che non è stato elaborato con processi partecipativi significativi, e che è piuttosto scollegato dalla Strategia. La disponibilità di dati rilevanti e la valorizzazione del “Tavolo di concertazione per i partenariati sociali e territoriali”, creato con il piano, in modo che abbia un reale impatto sulle scelte politiche in linea con la Strategia, sono passaggi importanti per migliorare l’efficacia degli investimenti.
In generale, gli attuali difficili eventi internazionali non dovrebbero essere una scusa per rallentare una “giusta transizione”, basata sui diritti umani e sulla dignità, verso un tessuto sociale meno diseguale. Un’attenzione molto particolare (e finora largamente disattesa) dovrebbe essere prestata all’accompagnamento sociale delle transizioni, in modo che non si traduca in un aumento delle disuguaglianze e della sofferenza sociale (come purtroppo molto spesso avviene).
L’integrazione degli aspetti ambientali, sociali ed economici è una necessità costante: i compartimenti stagni tra le politiche giocano ancora un ruolo cruciale nel ridurre una complessità che invece deve essere capita e affrontata tutta intera. Il riduzionismo e la frammentazione possono davvero essere la tomba di ogni ambizione trasformativa dell’Agenda 2030.
Siamo ormai alla vigilia dell’approvazione finale della nuova Strategia, ma è necessario notare che alcune sue parti sono ancora disomogenee, in particolare la sezione sul Partenariato (ovvero la necessità di creare un multilateralismo giusto). Quest’ultima sembra essere troppo strettamente legata alla sola dimensione della Cooperazione allo Sviluppo; eppure aspetti molto importanti delle politiche nazionali, in cui sono presenti ricadute rilevanti a livello internazionale non sono rappresentati (come le politiche commerciali e di investimento, le politiche migratorie, le politiche di sicurezza e di difesa, ecc). Allo stesso modo, non c’è spazio per approfondire la posizione assunta dal nostro Paese in alcuni negoziati e processi internazionali, soprattutto perché non corrispondono a specifiche politiche nazionali, come ad esempio: i processi internazionali sui diritti umani, le conferenze sul disarmo nucleare, i negoziati dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e i TRIPS (ovvero gli accordi sulla proprietà intellettuale, compresi quelli relativi ai vaccini contro il COVID) e molti altri. Queste questioni sono della massima importanza, perché sono strettamente legate al contributo che il nostro Paese può dare nell’affrontare gli squilibri strutturali/sistemici.
Infine, le metriche, le misurazioni degli indicatori relativi alle politiche e agli obiettivi da raggiungere, sono importanti. Non sembra che ci sia ancora spazio di dialogo con la società civile su come misurare i progressi verso l’Agenda 2030. Il nostro Paese ha una tradizione molto importante in questo campo, con il processo BES (Benessere Equo e Sostenibile); tuttavia, la complessità del processo di misurazione dello sviluppo sostenibile è tale da richiedere una riflessione condivisa non solo sulla base di considerazioni puramente tecniche, ma incentrata sul “contare ciò che conta davvero“.