Il multilateralismo sta fallendo? Un anno vissuto pericolosamente
Il multilateralismo sta fallendo? La guerra ai confini dell’Europa e le crisi globali irrisolte (sanitaria, socio-economica, ambientale) sono segni dell’impotenza di quel multilateralismo costruttivo che ci eravamo illusi facesse stabilmente parte del nostro sistema mondo. Ma davvero possiamo farne a meno?
In occasione dell’apertura della 77° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 settembre, come si suggeriva nell’articolo di approfondimento di alcune settimane fa, vale la pena ‘unire i puntini’ e tracciare una linea immaginaria attraverso diversi eventi dell’ultimo anno.
Richiamiamo alla memoria innanzitutto lo scorso autunno. E’ stato un autunno caldo per il sistema multilaterale e per le Nazioni Unite. Poteva essere quasi storico quell’autunno, per le potenzialità che aveva di dare dei segnali di cambiamento per il futuro del nostro mondo in affanno, dopo e nel corso del disastro COVID… Se solo nei tanti incontri ed eventi che si sono succeduti non si fossero perse le occasioni per fare il bene comune.
È stato viceversa l’autunno dello scontento per molti. Uno scontento che nella prima metà di questo 2022 si è ripresentato in diverse occasioni nelle quali il multilateralismo, se non morto, è stato come minimo inefficace.
Cominciamo dal vertice[1] a fine ottobre 2021 del G20, come il G7 sempre più simile ad un ristretto club privato per i potenti del mondo piuttosto che ad un incontro per la cooperazione tra popoli, un consesso che di fatto mina il multilateralismo caratteristico delle istituzioni delle Nazioni Unite, senza peraltro la capacità di produrre i risultati auspicati. Nel discorso di apertura il Presidente Draghi aveva espresso un ottimismo per il futuro che strideva con la situazione di alcuni Paesi seduti al suo stesso tavolo, e ancor di più di quelli lasciati fuori da questo consesso. Sottolineava Draghi quanto le disparità globali nelle percentuali di somministrazione dei vaccini anticovid fossero moralmente inaccettabili, e parlava della necessità di onorare le promesse al riguardo (fatte anche dallo stesso G20) e di costruire un nuovo modello economico di cui tutto il mondo avrebbe beneficiato.
Con il senno di poi, a giudicare dai fatti e dai risultati concreti, non è chiarissimo né a quale “nuovo modello economico” si riferiva il Presidente né quale mondo ne avrebbe beneficiato, purtroppo. Non sembra invece esserci nulla di nuovo nel modello economico che si è visto all’opera anche in questi mesi (ad esempio con il tema dei vaccini anticovid a livello globale) e che ancora si intravede per il futuro: una visione prettamente economicista dello sviluppo che tralascia gli elementi costitutivi di uno sviluppo integrale dell’uomo e dei popoli.
A dimostrazione del fallimento di questo sistema multilaterale (analizzato anche in un’ampia riflessione proposta in questo articolo sul nostro sito) prendiamo proprio il caso dei vaccini anticovid.
India e Sud Africa sin dalla fine del 2020 si sono fatti promotori della richiesta[2] presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) della rimozione di alcuni ostacoli che riguardano la prevenzione, il contenimento e la cura del COVID-19. In estrema sintesi, si trattava di una richiesta di sospensione temporanea di proprietà intellettuali e brevetti relativi a vaccini e altri strumenti medici necessari per far fronte all’emergenza COVID. Una proposta, quella di India e Sud Africa, che ha avuto innanzitutto il merito di accendere l’attenzione sulla necessità di condivisione e solidarietà e di una maggiore equità nell’accesso alle cure per tutti in una situazione di grave emergenza. Pur essendo una soluzione a portata di mano per contrastare la pandemia – che avrebbe favorito in primis l’aumento della produzione dei vaccini, un migliore accesso e una più tempestiva produzione di medicine e materiale diagnostico contro il COVID-19 – è stata nei mesi continuamente rigettata per la mancanza del consenso e dell’appoggio di alcuni Paesi e, tra gli altri, dell’Unione europea.
Della proposta di sospensione temporanea dei brevetti bisognava discutere in maniera definitiva alla 12° Conferenza Ministeriale del WTO (MC12) prevista a dicembre. L’incontro è stato rimandato all’ultimo momento a causa della variante Omicron, quasi che le problematiche sul tavolo non fossero abbastanza importanti. Ecco, forse avevamo ancora speranza che almeno in quest’ultimo importante evento dell’anno si potesse scorgere un barlume di solidarietà e fraternità. Ciò non è stato. Infatti la Conferenza del WTO è stata rimandata di 6 mesi e quindi svolta a giugno 2022, per poi concludersi senza il sospirato accordo sulla sospensione temporanea delle proprietà intellettuali. Si è optato per un accordo purtroppo molto lontano da quello che era stato inizialmente proposto. E’ un esito che lascia una sensazione di sconfitta e impotenza in chi ha creduto possibile, nonché doveroso, un segno del sistema multilaterale, un precedente che affermasse il primato delle ragioni dell’umanità su quelle del profitto. Invece è stato raggiunto un accordo che, quasi dimenticandosi delle tante, troppe morti inutili, ha confortato soprattutto chi in questa pandemia ha già abbondantemente guadagnato.
Nel frattempo, tra fine novembre e inizio dicembre 2021 si era svolta la discussione su un possibile trattato sulle pandemie in seno all’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO). Il meeting inizia in piena crisi dovuta alla fulminea diffusione della variante Omicron, per la quale le frontiere si chiudono rapidamente, ma viene comunque portato a termine. Diversi Paesi, Unione europea in primis, già da tempo spingevano per un trattato al fine di rafforzare la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie, incluso il supporto ad un equo accesso alle soluzioni mediche. [3] Con quale coerenza si può parlare della creazione di un accordo internazionale per favorire equo accesso alle cosiddette soluzioni mediche per il futuro, mentre le possibilità a portata di mano per il presente, come la summenzionata rimozione degli ostacoli a livello del WTO, vengono di fatto negate?
Schizofrenia della politica internazionale: l’Unione europea ed un ristretto ma decisivo gruppo di Paesi, infatti, da un lato sembrano adoperarsi per proteggere più i diritti di proprietà intellettuale che il diritto alla vita e alla salute di milioni di persone, dall’altro propongono di ‘costruire’ uno strumento ex novo per gestire meglio la prossima pandemia… Ma ciò che poteva essere fatto per salvare vite umane andava fatto subito!
Questa schizofrenia ha un senso? Forse sì, con un certo grado di cinismo: le regole che contano le fanno i potenti e il multilateralismo langue sotto una facciata di convenienza fatta di vertici, meeting ed eventi in cui uno non vale uno.
A quel primo incontro di dicembre sono seguiti lunghi mesi di contrattazioni e discussioni sul prossimo evento pandemico, mentre la pandemia in atto non è ancora finita. Le diverse varianti ci hanno ricordato che non siamo ancora fuori da questa che, se non fosse la realtà, sarebbe l’incubo perfetto. E mentre alcuni Paesi si sono blindati, vaccinati e chiusi, una parte di mondo ha arrancato, chiesto, implorato e proposto soluzioni inascoltate. Affidandosi senza successo a un sistema multilaterale sorto per affermare le istanze di equità e solidarietà internazionale che ora si ritrova incapace di sostenere.
Riprendendo il nostro percorso tra le occasioni mancate del multilateralismo nell’ultimo anno, un’altra tappa è stata la 26° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) di Glasgow a novembre 2021, ricca di promesse e molti slogan ma purtroppo risoltasi con risultati insoddisfacenti dal punto di vista della giustizia climatica, dell’equità e dei diritti umani (riproponiamo un bel resoconto del vertice e un articolato commento sui suoi risultati pubblicati su questo sito). Una vetrina a tratti utile per colorarsi il curriculum di verde. Ci preme ricordare la presenza di Jeff Bezos: promette una donazione da 2 miliardi di dollari per i terreni “degradati” dal cambiamento climatico in Africa. [4] Intanto per fare i viaggi nello spazio a lui, come ad altri, è permesso di inquinare in modo iniquo e indiscriminato. [5]
Non sarebbe stato un segnale importante se nel contesto multilaterale della COP26 si fosse chiesta a Bezos la rinuncia alla sua avventura spaziale a beneficio della salvaguardia dell’ambiente? Perché la problematica del clima, come tante altre che coinvolgono una vasta gamma di attori, non riguarda solo la disponibilità delle risorse economiche, bensì anche e soprattutto scelte che hanno a che fare con il rispetto del prossimo, la rinuncia a qualcosa per il bene comune e azioni che dimostrino nei fatti una vera attenzione per gli altri. Di nuovo si riaffaccia un modello di sviluppo che ‘progredisce’ a discapito dei più poveri a cui si impongono pesi che altri non intendono portare. Speriamo che il “nuovo modello economico” a cui si riferiva il Presidente Draghi non fosse questo, perché è ormai logoro e ha provocato ineguaglianze e vittime a sufficienza.
Anche l’incontro annuale del Forum politico di alto livello dell’ONU sullo sviluppo sostenibile (HLPF) per la revisione e il monitoraggio dell’Agenda 2030, tenutosi a luglio 2022 a New York, ha restituito segnali perlopiù scoraggianti. Ha infatti attestato l’arretramento nel percorso di attuazione dell’Agenda 2030 e l’allontanamento quasi generalizzato dal raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), un altro tassello del quadro di crisi del sistema multilaterale e della cooperazione internazionale.
Alla fine di questa carrellata di eventi possiamo ben dire che c’è da essere scontenti e delusi. Questo multilateralismo ha inanellato ancora sconfitte, travestite da proclami, promesse e donazioni.
Ancora tutto ruota intorno ai soldi, come se le soluzioni fossero solo economiche e non sociali, ambientali, culturali, civili… Papa Francesco ci ricorda come proprio l’odierno paradigma economico vada superato in favore di una nuova economia che sia sostenibile, solidale, inclusiva. [6]
Nonostante gli eventi citati richiamassero il contesto multilaterale e gli impegni assunti con convenzioni e trattati internazionali, non abbiamo sentito parlare di diritti umani abbastanza. Anzi, abbiamo ascoltato termini come “vulnerabile” e “povero” usati per distinguere le persone, talvolta a beneficio dell’immagine della carità del ricco. Guardando in profondità, forse quasi nessuno vuole un cambiamento vero della condizione dei nostri fratelli impoveriti, perché per il cambiamento ognuno deve lasciare un pezzo del suo per quel fratello, e perché in fondo non ci sentiamo più una sola umanità: altrimenti sarebbe impossibile, inconcepibile lasciar morire un fratello, sorella, madre, padre, figlio, figlia per motivi unicamente legati al profitto.
Non basterebbero queste questioni a invocare un ritorno all’essenza del multilateralismo? Trovare soluzioni che rispecchino al massimo le posizioni di tutti e che “costringano” a ricercare il bene comune? Non sarebbe il momento di adoperarsi seriamente affinché tutti abbiano una voce? Tutti i Paesi, tutti i popoli? E soprattutto perché tutti abbiano la possibilità di sopravvivere?
Senza una simile prospettiva e senza cambiamenti profondi e radicali dell’approccio e dell’assetto multilaterale, di fronte alle nuove emergenze e alle prossime crisi le Nazioni Unite e le sue agenzie saranno sempre più depotenziate e marginali, e le soluzioni saranno sempre più a beneficio di pochi e a discapito di molti. Grandi questioni come il cambiamento climatico, se non affrontate con un multilateralismo maturo e lungimirante, porteranno inevitabilmente a far pagare il prezzo più alto ai poveri e ai più vulnerabili.
Forse, se fossimo riusciti a metterci d’accordo facendo funzionare in pieno il multilateralismo per una delle tante questioni che riguardano il pianeta come quelle ricordate in questo articolo, trovando una soluzione a favore di tutti i popoli, a favore di un NOI… forse questo avrebbe portato l’umanità su altre sponde, a guardare con altre lenti, con la consapevolezza e la prova che altre soluzioni sono possibili. Se la prassi fosse la ricerca di soluzioni realmente a favore di tutti, forse la pace non sarebbe solo una remota aspirazione.
Se avessimo mostrato il coraggio di trovare soluzioni comuni in altri contesti e in altri tempi, sacrificando un po’ dei nostri interessi, forse ora la storia sarebbe diversa perché avremmo dimostrato che esiste la possibilità di essere fratelli. Forse questa guerra così sanguinosa alle porte dell’Europa, come i tanti conflitti dimenticati in altre parti del mondo, si sarebbe potuta evitare, se fossimo riusciti a dimostrare che esiste la possibilità di trovare un accordo tra “nemici” per diventare almeno dialoganti, e che esiste un luogo dove tutto questo è facilitato, compreso, supportato… le Nazioni Unite, quei palazzi, quelle strutture, non dovrebbero servire a questo?
Benedetto XVI nella sua visita alle Nazioni Unite a New York nel 2008 lo aveva ricordato: “I principi fondativi dell’Organizzazione – il desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza – esprimono le giuste aspirazioni dello spirito umano e costituiscono gli ideali che dovrebbero sottostare alle relazioni internazionali. […] La promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare le disuguaglianze fra Paesi e gruppi sociali, come pure per un aumento della sicurezza.” [7]
Ecco, se di fronte alle tante occasioni di scelta adottassimo la prospettiva del Vangelo e dell’amore, dove a segnare il passo sono i poveri, dove l’altro è mio fratello che non sacrifico per il mio bene egoistico, dove la vita umana e la dignità hanno un valore primario… tutti troverebbero un posto al tavolo, e si deciderebbe nel segno del bene comune, agendo nell’ottica di uno sviluppo olistico e integrale della persona, sganciandosi dalla logica del mercato e del profitto, ricorrendo alla fiducia e al dialogo per ricostruire insieme una società dove si è fratelli e non avversari.
Le istituzioni pubbliche, gli Stati, le Nazioni Unite… non dovrebbero avere il bene comune come scopo primario della loro esistenza? Un multilateralismo al servizio dei popoli non dovrebbe essere fondato su questo principio?
E per noi tutti: non è forse questa l’essenza della nostra umanità?
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[1] Il vertice si è tenuto il 30 e 31 ottobre 2021 a Roma, nell’ambito della presidenza italiana del G20 per il periodo 1° dicembre 2020 – 30 novembre 2021.
[2] La richiesta è stata formalizzata attraverso la presentazione presso il WTO della proposta congiunta IP/C/W/669 del 2 ottobre 2020, aggiornata con la proposta IP/C/W/669/Rev.1 del 25 maggio 2021.
[3] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/coronavirus/pandemic-treaty/
[4] https://www.ansa.it/cop26/notizie/news/2021/11/02/cop26-bezos-promette-2-miliardi-di-dollari-per-lafrica_42637942-64e2-46b0-9767-9b58236099e2.html
[5] https://www.open.online/2021/11/07/cop-26-oxfam-voli-spazio-bezos/
[6] https://www.agensir.it/quotidiano/2021/10/2/papa-francesco-a-the-economy-of-francesco-necessaria-una-nuova-economia-piu-solidale-sostenibile-ed-inclusiva/
[7] https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2008/april/documents/hf_ben-xvi_spe_20080418_un-visit.html