“Se non agiamo subito, l’Agenda 2030 diventerà l’epitaffio del mondo che avrebbe potuto essere”.
È una cruda immagine quella che il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha evocato per introdurre il report con cui l’ONU analizza lo stato di avanzamento degli SDGs, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Siamo ormai a metà del quindicennio che la comunità internazionale e tutti gli Stati dell’ONU si erano dati per portare a compimento gli ambiziosi Obiettivi stabiliti con l’Agenda 2030. Eppure i dati e le analisi ci dicono impietosamente che più ci avviciniamo al traguardo temporale del 2030, più in realtà ci stiamo allontanando dall’effettivo raggiungimento di quegli Obiettivi. A scapito soprattutto delle persone e delle comunità più deboli e vulnerabili, nonché della salute del nostro pianeta.
A settembre 2015 era finalmente stato raggiunto il faticoso risultato di un lungo e complesso percorso fatto di consultazioni globali e nazionali, di studi e ricerche, di campagne e mobilitazioni, di negoziati e trattative diplomatiche: l’approvazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, appunto, con l’adozione all’unanimità di una risoluzione[1] dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Come indicato nel Preambolo della risoluzione, l’Agenda 2030 costituisce un “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità“, che si propone inoltre di “rafforzare la pace universale in una più ampia libertà“. Approvandola, i 193 Capi di Stato e di Governo e Alti Rappresentanti hanno condiviso quella che nella stessa risoluzione viene definita una “decisione storica su una serie integrale e lungimirante di Obiettivi e traguardi universali, trasformativi e incentrati sulle persone”, impegnandosi a “lavorare instancabilmente per la piena attuazione di questa Agenda entro il 2030” e “per aiutare per primi coloro che sono più indietro“.
I leader mondiali hanno dato corpo alla visione “di un mondo libero dalla povertà, dalla fame, dalla malattia e dal bisogno, dalla paura e dalla violenza, dove ogni vita possa prosperare” attraverso la definizione di 17 Obiettivi suddivisi in 169 target. Un’Agenda universale per lo sviluppo e la sostenibilità – nelle sue tre dimensioni: sociale, economica ed ambientale – che stabilisce traguardi comuni a tutti i Paesi per combattere la fame, la povertà e le disuguaglianze; per assicurare accesso equo e universale all’istruzione, all’assistenza sanitaria, alla protezione sociale, all’acqua potabile, a servizi igienico-sanitari sicuri, all’energia sostenibile; per proteggere gli habitat umani e gli ecosistemi e contrastare il cambiamento climatico e i suoi impatti; per garantire la parità di genere, l’inclusione economica e sociale, un lavoro dignitoso per tutti; per favorire l’innovazione e modelli di produzione e consumo sostenibili; per promuovere lo stato di diritto, la giustizia, la pace e il partenariato globale.
Dal 2015 tanto è successo e molto è cambiato, nel contesto globale. Dagli effetti devastanti della pandemia da Covid-19 al ritorno della guerra in Europa, dalle conseguenze sempre più distruttive del cambiamento climatico al costante aumento delle disuguaglianze, attraverso ricorrenti e sovrapposte crisi alimentari, sociali, economiche… in un quadro generale sempre più frammentato e polarizzato, con istituzioni sempre più deboli e delegittimate (aspetti approfonditi più ampiamente in altri articoli proposti su questo sito, come ad esempio questo pubblicato ad aprile e questo a settembre dello scorso anno).
Il programma d’azione rappresentato dagli Obiettivi e target dell’Agenda 2030 doveva essere una mappa condivisa per fronteggiare crisi come queste e prevenirne o mitigarne l’impatto, ma l’analisi dei risultati ottenuti fino a metà strada ci dice che così non è stato, se non in piccola parte. L’ultimo report dell’ONU sullo stato di avanzamento degli SDGs (The Sustainable Development Goals Report 2023: Special Edition) ha raccolto i dati disponibili degli istituti nazionali di statistica di tutto il mondo e di più di 50 organizzazioni internazionali per offrire il quadro più preciso e aggiornato possibile sullo stato di attuazione dei 17 Obiettivi e 169 target dell’Agenda 2030.
[1] A/RES/70/1 – Transforming our world: the 2030 Agenda for Sustainable Development
Ciò che emerge è l’abnorme distanza che separa la realtà di oggi dalle promesse dichiarate nel 2015. Metà dei target in cui sono suddivisi gli SDGs registrano progressi deboli o insufficienti (evidenziati in giallo nella sintesi grafica). Solo per il 12% dei target si sono ottenuti risultati positivi ed in linea con gli impegni presi (in verde), mentre per oltre il 30% dei target (in rosso) non c’è stato alcun progresso o addirittura c’è stata una regressione rispetto al 2015. Come sintetizzato nel report: stiamo lasciando più di metà del mondo indietro. Anzi, la stiamo spingendo ancora più indietro.
Alcune inversioni di rotta, soprattutto nei paesi impoveriti, sono particolarmente preoccupanti. ll numero di persone in condizioni di povertà estrema è superiore a quello di quattro anni fa. La fame e la malnutrizione sono tornate ad aumentare fino a toccare di nuovo i livelli del 2005, e al contempo le disuguaglianze economiche si aggravano raggiungendo nuovi picchi (giova sempre ricordare che le 26 persone più ricche del pianeta da sole possiedono la stessa ricchezza complessivamente detenuta da metà della popolazione mondiale). Ai paesi vulnerabili vengono negati la riduzione del debito e finanziamenti agevolati. Nonostante gli appelli, l’Accordo di Parigi (che integra l’Agenda 2030) rimane largamente inattuato, con le emissioni di gas serra che continuano ad aumentare rendendo sempre meno realistico l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia critica di 1,5°C in più rispetto ai livelli preindustriali.
Questi dati e il loro significato per il futuro dell’Agenda 2030 saranno al centro del cosiddetto SDG Summit che si terrà a New York il 18 e 19 settembre. I Capi di Stato e di Governo e i rappresentanti di tutti gli Stati dell’ONU si riuniranno per fare il punto sull’attuazione degli SDGs, per ridare slancio e centralità all’Agenda 2030 e creare le condizioni per una sua implementazione più efficace da qui fino al 2030. I risultati dell’SDG Summit saranno poi parte del percorso che porterà il prossimo anno al Summit del Futuro, l’evento culminante di una roadmap disegnata nel 2021 dal Segretario Generale Guterres con la sua Our Common Agenda (La nostra Agenda comune) con l’intento di rilanciare il sistema multilaterale e il partenariato globale. In questo contesto, il Segretario Generale ha identificato e proposto aree di azione prioritarie e le cosiddette “iniziative ad alto impatto” che a livello nazionale e globale possano contribuire ad accelerare la realizzazione degli SDGs. La presentazione di queste ed altre iniziative saranno al centro dell’SDG Action Weekend che precederà il Summit.
Durante l’SDG Summit sarà adottata una Dichiarazione politica (qui la bozza del testo che è stato negoziato nei mesi precedenti) che, secondo il Presidente dell’Assemblea Generale Kőrösi[1] che guiderà i lavori del Summit, rappresenta il segnale “dell’inizio di una nuova fase di attuazione accelerata” dell’Agenda 2030 che dovrà però “essere integrata da continui impegni politici di alto livello“. E’ proprio il deficit di volontà politica ciò che va innanzitutto colmato, per poter intraprendere impegni e azioni concrete conseguenti all’analisi dei limiti e dei problemi in cui è intrappolata l’implementazione dell’Agenda 2030. Una volontà politica che non si fermi alla retorica delle pur necessarie dichiarazioni ma che le sappia tramutare in cambiamenti e progressi reali. Prendendo in prestito le parole che Papa Francesco rivolse nel 2015 alle Nazioni Unite[2], “dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze; dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli”.
Sicuramente per rendere l’Agenda 2030 più solida, efficace e davvero in grado di dispiegare il suo potenziale, ci sarebbe bisogno di intervenire con decisione su varie dimensioni, dalle modalità di implementazione ai gap di finanziamento fino alla sua stessa architettura. A questo riguardo è di fondamentale importanza il contributo e l’azione di monitoraggio e di proposta che svolge la società civile a tutti i livelli (come ad esempio quanto viene fatto in Italia dalle reti ASVIS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – e GCAP Italia – Coalizione italiana contro la povertà – con i loro rapporti, analisi e proposte).
Pur con tutti i limiti dovuti all’inadeguata volontà politica e alla sua stessa architettura, l’Agenda 2030 ha catalizzato negli anni una forte mobilitazione, che ha permesso un aumento della consapevolezza e dell’impegno di tanti soggetti per il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. E’ sicuramente cruciale non disperdere questo patrimonio, come anche gli sforzi che in tanti luoghi sono stati fatti per ottenere i progressi finora raggiunti, per quanto nel complesso insufficienti. Accelerare sull’implementazione dell’Agenda 2030 e spingere i decisori pubblici all’azione e alla coerenza è fondamentale. Allo stesso tempo è necessario impiegare questa fase di revisione e tentato rilancio anche per ragionare sulla direzione profonda delle politiche globali, delle istituzioni multilaterali e delle agende a cui esse si dedicano. Il momento storico e l’entità delle sfide richiedono di aprire una stagione di riforme incisive e profonde e di cambiamenti strutturali nelle politiche e nei processi decisionali internazionali che riguardano l’economia, il commercio, la finanza, lo sviluppo, l’ambiente… Senza questa dimensione trasformativa più profonda che intacchi le cause di fondo all’origine delle ingiustizie e delle situazioni di crisi, difficilmente potremo progredire verso il futuro auspicato nelle dichiarazioni dei vertici internazionali.
E’ dunque il tempo di spingere per un rilancio politico dell’Agenda 2030 e per una rinnovata dimensione multilaterale in grado di affrontare i problemi comuni con soluzioni condivise e realmente trasformative, non lasciando però solo ai proclami e alla retorica la direzione del nostro futuro ma presidiando gli spazi democratici e di partecipazione per monitorare e contribuire all’attuazione degli impegni, e per portare avanti i necessari e ineludibili cambiamenti strutturali per la salvaguardia delle nostre società e del nostro pianeta.
Come ha detto profeticamente Papa Francesco intervenendo nel 2015 all’Assemblea Generale dell’ONU, “non possiamo permetterci di rimandare “alcune agende” al futuro; il futuro ci chiede decisioni critiche e globali“. Ora, prima che il mondo che avrebbe potuto essere diventi solo un epitaffio.
[1] Letter from the President of the General Assembly on the draft political declaration (1 September 2023)
[2] Discorso di Papa Francesco durante l’incontro con i membri dell’Assemblea Generale dell’ONU, New York, 25 settembre 2015