La Giornata Mondiale della Terra, 50° edizione dell’Earth Day istituito dall’ONU nel 1970, è passata con un susseguirsi di resoconti, esortazioni, analisi e manifestazioni in tutto il mondo. Quest’anno, in piena emergenza Covid19, hanno tenuto banco le immagini dei pesci nei canali dalle acque oggi cristalline di Venezia; dei canguri che saltellano per le strade deserte di Adelaide; dei leoni che si crogiolano al sole sui campi da golf sudafricani; dell’Himalaya tornato visibile da città indiane a centinaia di chilometri di distanza, grazie al calo dello smog.
Nessuno può però dimenticare che la Terra è in sofferenza. Durante lo stesso 22 aprile due nazioni europee hanno dovuto affrontare vasti incendi di aree naturali. In Polonia 6000 ettari di paludi del Parco Nazionale di Biebrza sono andati in fumo. Si tratta di circa un decimo del territorio totale di un’area protetta dove vivevano, tra gli altri, uccelli acquatici, castori e alci. Poco più a ovest, nei Paesi Bassi, al confine con la Germania, da lunedì 20 infuriano le fiamme nella riserva De Meinweg; tanto che 4000 persone della vicina città di Herkenbosch sono state evacuate dalle loro case. Le cause possono essere accidentali o dolose, ma il problema a monte è una persistente siccità causata dal cambiamento climatico nell’Europa centrale. Un’emergenza che ha fatto dichiarare al Ministro dell’Agricoltura tedesco la preoccupazione del Governo per i raccolti annuali e per le aziende agricole, che ormai da tre anni di seguito sono colpiti dalla scarsità di piogge.
La buona notizia è che l’Organizzazione Meteorologica Mondiale prevede per quest’anno un calo del 6% delle emissioni di CO2 in atmosfera. Si tratta di un dato clamoroso, mai registrato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Qualcosa di impossibile da immaginare pochi mesi fa quando, nonostante tutti gli impegni presi dalle nazioni, i rilevamenti globali parlavano di inesorabile crescita delle emissioni di gas serra. La ragione di questa “svolta” è il blocco dei trasporti nazionali e internazionali, delle attività industriali e della produzione di energia ad esse destinata, conseguenti alla pandemia di Covid19. Ma non c’è da illudersi: alla ripresa tutto tornerà come prima, se non peggio qualora si forzassero i ritmi per risollevare le economie.
Le voci autorevoli ascoltate il 22 aprile hanno sottolineato il pericolo di perdere di vista il problema principale di fronte alla minaccia attuale: “In questa Giornata della Terra, tutti gli occhi sono puntati sulla pandemia di COVID-19″ – ha dichiarato il segretario dell’ONU Antonio Guterres – Ma c’è un’altra emergenza ancora più profonda: la crisi ambientale che si sta sviluppando nel pianeta”.
Dal Vaticano è venuto il monito del Papa. Dedicando l’udienza generale alle ricorrenze del 50° Earth Day e del 5° anniversario dell’Enciclica Laudato Si’, Francesco, ha ribadito ancora una volta: “A causa dell’egoismo siamo venuti meno alla nostra responsabilità di custodi e amministratori della Terra. L’abbiamo inquinata, l’abbiamo depredata, mettendo in pericolo la nostra stessa vita.”
Il Papa, citando il libro della Genesi (“Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”) ha riflettuto amaramente: “Quando vediamo queste tragedie naturali che sono la risposta della Terra al nostro maltrattamento, penso: ‘Se chiedo adesso al Signore cosa ne pensa, non credo che mi dica che è una cosa molto buona’”, e citando un detto spagnolo ha lanciato un monito: “La terra non perdona: se noi abbiamo deteriorato la terra, la risposta sarà molto brutta”.
Come molte altre voci influenti anche Bergoglio vede però in questo momento di crisi profonda “un’opportunità per rinnovare il nostro impegno ad amare la nostra casa comune e prenderci cura di essa e dei membri più deboli della nostra famiglia”. Parole riecheggiate nelle stesse ore in dichiarazioni di altri leader; come il principe Carlo, secondo il quale l’emergenza sanitaria “Ci ha anche dimostrato che è davvero possibile trovare e sviluppare soluzioni globali, quando siamo d’accordo su un fine comune e più importante”.
In un altro passaggio del discorso del 22 aprile, il Papa ha indicato anche gli attori del cambiamento: “Sarà ancora necessario che i nostri figli scendano in strada per insegnarci ciò che è ovvio, vale a dire che non c’è futuro per noi se distruggiamo l’ambiente che ci sostiene”.
In quella che sembra una totale sintonia è arrivata poi la voce di chi, negli ultimi tempi, ha rappresentato quei “figli scesi in strada per insegnare l’ovvio”. Il messaggio di Greta Thumberg per la Giornata della Terra ha infatti riassunto così la questione: “Dobbiamo affrontare due crisi contemporaneamente (sanitaria e ambientale, nda.). Che ci piaccia o no, il mondo è cambiato. Sembra completamente diverso da com’era qualche mese fa e probabilmente non sarà più lo stesso in seguito. Dovremo scegliere una nuova strada per il futuro”.
La 50° Giornata della Terra ha trovato dunque un’umanità provata, come il pianeta, ma anche sospesa in un momento di profonda riflessione: con disponibilità di tempo, strumenti e, forse, di rinnovata volontà per rimediare agli errori del passato. Il messaggio dell’Earth Day 2020, anche in vista dei prossimi meeting ambientali delle Nazioni Unite annunciati per l’autunno, può essere riassunto attingendo ancora alle parole del Papa: “Siamo fatti di materia terrestre, e i frutti della terra sostengono la nostra vita. […] Viviamo quindi nella casa comune come un’unica famiglia umana e nella biodiversità con le altre creature […] Abbiamo bisogno di una conversione ecologica che si esprima in azioni concrete. Come famiglia unica e interdipendente, necessitiamo di un piano condiviso […] Esorto quanti hanno autorità a guidare il processo che condurrà a due importanti Conferenze internazionali: la COP15 sulla Biodiversità a Kunming (Cina) e la COP26 sui Cambiamenti Climatici a Glasgow (Regno Unito). Questi due incontri sono importantissimi”.