Sta per chiudersi un’altra estate, un’altra stagione caldissima con picchi di temperature che ancora una volta hanno superato standard e medie stagionali, medie che del resto vengono aggiornate in continuazione verso l’alto.
Sta per chiudersi un’altra estate, un’altra stagione che ci ha ricordato che cambiamento climatico e riscaldamento globale sono emergenze reali che, se non affrontate, avranno conseguenze devastanti sulla vita del pianeta.
E dopo questa stagione se ne apre un’altra, altrettanto calda, un autunno ricco di appuntamenti fondamentali per la gestione di quella che Papa Francesco non chiama questione, bensì crisi climatica, una stagione cui tutti i cattolici sono stati chiamati a partecipare attivamente e ad agire per la custodia del Creato e la cura della casa comune.
La Laudato Si’ ci insegna che tutto è connesso, che ambiente, economia e società non sono strutture distinte, ma tre organi di uno stesso corpo, talmente legati da far si che la sofferenza di uno incida in maniera eguale sugli altri. Non è un caso che, nel delineare quelle che possono essere le soluzioni alla crisi che il mondo sta vivendo, il Papa parli di ecologia integrale riferendosi a tutte le dimensioni dell’agire umano.
È chiaro però che in questo contesto l’emergenza climatica costituisca una priorità, visti gli effetti che il riscaldamento globale sta già provocando sul pianeta. Desertificazione, aumento degli eventi metereologici estremi, innalzamento dei mari solo per citarne alcuni, non sono più minacce, ma realtà che quotidianamente colpiscono in particolare le aree e le popolazioni più fragili e povere del globo mettendone a rischio la stessa sopravvivenza, tanto da determinare lo spostamento ogni anno di 25 milioni di persone, un numero impressionante, ma ben più piccolo dei 143 milioni di migranti climatici che uno studio della Banca Mondiale ipotizza per il 2050.
E noi che cosa possiamo fare?
“Crediamo sia giunto il momento di ispirare un movimento di massa per la cura della nostra casa comune in pericolo”, questo l’intento con cui il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha organizzato lo scorso 5, 6 e 7 luglio la conferenza “Salvare la nostra casa comune e il futuro della vita sulla Terra” in occasione del terzo anniversario dell’enciclica Laudato Si’.
Un movimento di massa, dunque, un movimento che partendo dal basso riesca a coinvolgere società civile, istituzioni religiose, comunità scientifica, economica, politica in un dialogo costruttivo. In questo processo il mondo cattolico non può essere spettatore, ma deve protagonista e sono diversi gli appuntamenti che nei prossimi mesi scandiranno questa sorta di road map dell’impegno per la cura della casa comune.
Si comincia oggi, ad Assisi in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, con una preghiera ecumenica che aprirà la Stagione del Creato, che fino al 4 ottobre (S. Francesco d’Assisi) unirà i cristiani di tutto il mondo in azioni diffuse in tutto il pianeta, ispirate dallo scopo comune di diffondere quello che Papa Francesco nel discorso di saluto ai partecipanti alla conferenza di luglio chiama “cambiamento dei cuori, un cambiamento delle coscienze” che costituisce il terreno necessario per la promozione delle politiche necessarie per affrontare la crisi climatica.
Per tutto il mese di settembre dunque diocesi, parrocchie e più in generale ogni organizzazione o movimento di ispirazione cristiana sono invitati a partecipare alla Stagione del Creato organizzando e promuovendo pellegrinaggi, momenti di preghiera, attività di pulizia, piantumazioni, campagne di advocacy o raccolte firme con l’obiettivo comune di sensibilizzare cittadini e autorità sull’urgenza di adottare prima possibile politiche funzionali alla cura del Pianeta.
Disponibile anche un sito, http://seasonofcreation.org, dove le organizzazioni possono registrarsi per sostenere il movimento e segnalare eventi sul territorio.
Un modo per farsi sentire alla vigilia di quello che può essere un trimestre decisivo per le sorti della Casa comune.
A metà settembre, dal 12 al 14, si terrà a San Francisco il Global Climate Action Summit, un appuntamento molto importante che prevede la partecipazione di tutte le componenti della società (stati, regioni, città, aziende) per fare il punto sui risultati raggiunti riguardo la lotta al cambiamento climatico e soprattutto per stimolare impegni ancor più concreti e ambiziosi in vista di COP24.
San Francisco sarà importante, inoltre, perché il Summit avrà come protagonista principale il mondo delle imprese e soprattutto degli investitori e sono ormai tante le cronache che dimostrano come il mondo della finanza sia in grado di spostare equilibri importanti e consolidati.
“Le istituzioni finanziarie” – ricorda infatti Papa Bergoglio – “hanno un importante ruolo da giocare, come parte sia del problema sia della sua soluzione. È necessario uno spostamento del paradigma finanziario al fine di promuovere lo sviluppo umano integrale”.
In questo senso centrale sarà allora, esattamente un mese dopo il summit di San Francisco, il meeting annuale della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che a Bali dal 12 al 14 ottobre riunirà le principali istituzioni economiche del mondo per discutere di finanza globale, sviluppo economico, ma anche di temi, ci si augura, come la lotta alla povertà, lo sviluppo sostenibile e la decarbonizzazione dell’economia.
Decisiva sarà però la 24ma Conferenza delle Parti (COP) che si svolgerà in Polonia, a Katowice dal 3 al 14 dicembre.
A Katowice dovrà infatti concretizzarsi il cosiddetto “Dialogo di Talanoa”, un processo negoziale tra stati che dovrà tradursi in una revisione verso l’alto delle promesse fatte dai singoli stati a Parigi COP21 in termini di riduzione di emissioni di CO2, impegni al momento insufficienti a contenere entro fine secolo la crescita della temperatura media globale entro un massimo di due gradi centigradi, o meglio uno e mezzo, rispetto ai livelli preindustriali.
In Polonia, inoltre occorrerà definire le modalità per rendere operativi gli impegni di Parigi a due anni dall’entrata in vigore dell’Accordo (2020) e affrontare la questione relativa ai finanziamenti per la lotta al riscaldamento globale e l’adattamento ai cambiamenti climatici dei paesi più vulnerabili.
A Katowice, insomma, bisognerà capire se il mondo fa sul serio oppure no e come vorrà rispondere alla domanda che Papa Francesco pone nella Laudato Si’: “Che tipo di mondo vogliamo lasciare a coloro che vengono dopo noi, ai bambini che stanno crescendo?”
In questo contesto la Chiesa si prepara a vivere due importanti momenti di riflessione dedicati a due gruppi di persone che saranno particolarmente coinvolti dalla sfida climatica.
Il primo gruppo è costituito dai giovani, cui è dedicato il Sinodo che si svolgerà dal 3 al 28 ottobre, che sul fronte ambientale già stanno scontando sulla loro pelle la rottura del patto generazionale da parte dei propri nonni e genitori.
Il secondo gruppo è costituito dai popoli indigeni, in particolare quelli dell’Amazzonia, cui invece sarà dedicato il Sinodo 2019. A loro in particolare pensa il Santo Padre quando constata che “È triste vedere le terre dei popoli indigeni espropriate e le loro culture calpestate da un atteggiamento predatorio, da nuove forme di colonialismo, alimentate dalla cultura dello spreco e dal consumismo”.
Un atteggiamento predatorio, quello evidenziato dal Papa, che va a incrementare il debito ecologico che i paesi “sviluppati” continuano ad accumulare a scapito dei fragili del pianeta, un debito su cui, ancora, incide anche il cambiamento climatico i cui effetti più devastanti si registrano proprio sulle popolazioni più deboli, quelle che già si trovano sul lato sbagliato della forbice che questa campagna ha intenzione di chiudere e che l’ingiustizia climatica contribuisce invece ad aumentare.